Il Tribunale di Milano riconosce la tutela cautelare a favore del whistleblower: ‘primi passi’ verso un’effettiva protezione del segnalante

di  Anna  Pampanin,  Dottoranda  di ricerca in Diritto penale

 

 

 

 

1. Introduzione

 

Con l’Ordinanza del 20 agosto 2023 il Tribunale di Milano, sezione Lavoro, ha accolto – per la prima volta in Italia – la domanda cautelare presentata da un whistleblower nell’ambito di un complesso contenzioso di diritto del lavoro.

 

Nel caso di specie il segnalante, dipendente presso una nota società di trasporti del milanese, ha presentato ricorso ex art. 441 c.p.c, e, alternativamente tra loro, ex art. 19, comma 4 D. lgs. n. 24/2023 o ex art. 700 c.p.c. Il lavoratore richiedeva, in sede cautelare, «eventualmente inaudita altera parte», che venissero sospese le delibere di destituzione dal servizio e di sospensione dal servizio e dalla retribuzione adottate dal Consiglio di Disciplina nei suoi confronti nel marzo del 2023, con immediata reintegra in servizio e adozione di tutte le misure provvisorie necessarie ad assicurarne la tutela.

 

Il Tribunale di Milano ha ritenuto fondate le ragioni e ha riconosciuto la tutela cautelare a favore del ricorrente, sospendendo con specifica ordinanza i provvedimenti datoriali di destituzione e interruzione della retribuzione, ordinando l’immediato reintegro in servizio del lavoratore e condannando la società datrice di lavoro alla corresponsione delle retribuzioni maturate per tutta la durata della sospensione cautelare e fino alla effettiva riassunzione.

 

Giova fin da subito precisare che i giudici hanno accolto la domanda cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c., ritenendo non applicabile al caso in esame – come si preciserà meglio nel prosieguo – la normativa di cui al D. lgs. n. 24/2023.

 

Il citato decreto, tuttavia, rappresenta un rilevante elemento ai fini della trattazione della presente vicenda. Come già evidenziato in un precedente contributo, il D. lgs. 10 marzo 2023, n. 24, che ha dato attuazione alla c.d. Direttiva Whistleblowing (Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019), intende garantire una più idonea tutela ai soggetti interessati dalle segnalazioni e rafforzare la cultura della trasparenza e della legalità nei contesti lavorativi.

 

In tal senso il provvedimento in commento è sintomo di un nuovo grado di attenzione e di sensibilità da parte della magistratura sul tema del whistleblowing nel contesto lavorativo, che il decreto n. 24/2023 ha sicuramente incentivato.

 

2. I fatti giuridici alla base del provvedimento e la ricostruzione della vicenda giudiziaria

 

L’ordinanza in esame si innesta su una complessa vicenda giudiziaria, i cui fatti si ritiene meritino di essere brevemente richiamati ai fini di una miglior chiarezza espositiva.

 

Le vertenze traggono origine dalla molteplicità di segnalazioni che il ricorrente (sig. D.C.), dipendente della A. S.p.a in qualità di addetto alla security aziendale, aveva presentato, prima informalmente e poi formalmente, a organi di controllo e di garanzia della società, nonché al sindaco di Milano.

 

Le numerose segnalazioni miravano a denunciare l’illecito sistema dei c.d. ‘biglietti clonati’, architettato da alcuni dipendenti infedeli di A. S. p. a. per generare e vendere ‘in nero’ biglietti e abbonamenti non registrati dai sistemi informatici e, dunque, nemmeno contabilizzati, con la correlativa perdita di ingentissime somme da parte della società A. e del Comune di Milano.

 

Come specificato dal testo dell’ordinanza, è utile fin da subito premettere che le segnalazioni formali del ricorrente (la prima risalente al novembre 2017, la seconda al febbraio 2018) avevano coinvolto anche taluni dirigenti aziendali, colpevoli, secondo la prospettazione del whistleblower, «di volute inerzie a fronte di quanto esplicitato dal lavoratore».

 

A seguito di tali fatti il dipendente era stato colpito da una incessante serie di misure ritorsive, che avevano determinato in capo a quest’ultimo uno stato di forte stress e disagio sia psicologico che economico: contestazioni disciplinari, denunce, procedimenti penali, sospensioni dal servizio e dalla retribuzione.

 

Nel marzo 2023 il ‘calvario’ era poi culminato con l’adozione di due ulteriori provvedimenti disciplinari, consistenti nella destituzione e nella sospensione dal servizio e dalla retribuzione per dieci giorni, irrogati rispettivamente per l’asserita attribuzione al dipendente di una lettera anonima contenente accuse nei confronti di alcuni dirigenti (c.d. terzo procedimento) e per gli esiti di un accertamento effettuato sull’hard disk del computer a sua disposizione (c.d. quarto procedimento).

 

Avverso detti provvedimenti, comunicati in data 10 maggio 2023, il dipendente ha formulato il  ricorso analizzato in questa sede.

 

3. La preliminare questione della normativa applicabile

Come già anticipato, il ricorrente ha presentato ricorso ai sensi dell’art. 441 c.p.p. e, alternativamente tra loro, ai sensi dell’art. 19, comma 4, del d.lgs. 24/2023 o ai sensi dell’art. 700 c.p.c.

La problematica verte pertanto sull’applicabilità o meno al caso di specie della specifica normativa in materia di whistleblowing.

 

La difesa attorea ne reclamava l’applicabilità alla fattispecie sul presupposto della riconducibilità della stessa all’ambito di tutela del whistleblower; il che rileverebbe in ragione del fatto che la nuova e recentissima normativa, sempre secondo la ricostruzione del ricorrente, non necessiterebbe del requisito del periculum in mora o lo richiederebbe in modo attenuato.

 

Merita soffermarsi su quanto statuito dal Tribunale di Milano, anche in ragione della utilità e rilevanza che tale affermazione potrà avere in futuro.

 

L’ordinanza ha accolto la tesi formulata dalla difesa della società A., laddove rammentava il chiaro disposto dell’art. 24, comma 1, d.lgs. 24/2023, ai sensi del quale: «Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Alle segnalazioni o alle denunce all’autorità giudiziaria o contabile effettuate precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché a quelle effettuate fino al 14 luglio 2023, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 54-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, all’art. 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del d.lgs. n. 231 del 2001 e all’art. 3 della L. n. 179 del 2017».

 

Pur in assenza di precedenti in materia, i giudici meneghini hanno affermato che la norma in questione, facente parte delle disposizioni transitorie e di collegamento con il decreto, non ha natura processuale. Ne deriva che, nel caso concreto, non può trovare applicazione il principio del tempus regit actum, posto che la stessa disposizione chiarisce il momento a partire dal quale «segnalazioni» e «denunce» (non procedimenti) saranno sussumibili alla sua disciplina.

 

Il Tribunale ha ritenuto pacifico che tutte le segnalazioni a vario titolo effettuate dal ricorrente fossero ampiamente antecedenti alla data del 14 luglio 2023, con conseguente inammissibilità della domanda in esame.

 

4. La tutela ai sensi dell’art. 700 c.p.c.: i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora

 

Chiarito il quesito preliminare, ritenuta quindi inapplicabile la nuova normativa dettata dal d. lgs. 24/2023 – la quale, si può dedurre implicitamente, troverà applicazione per le denunce o le segnalazioni presentate successivamente al 15 luglio 2023 –, è ora opportuno soffermarsi sull’ulteriore profilo di diritto affrontato dal provvedimento in esame, concernente l’istanza ex art. 700 c.p.c. e la sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

 

Sotto il profilo del fumus boni iuris, il giudice ha osservato che, in riferimento alla contestazione disciplinare inerente all’asserita attribuzione al dipendente di una lettera anonima risalente al febbraio del 2019 (terzo procedimento), essa si fonda esclusivamente su una perizia commissionata dall’azienda, peraltro a fronte di fatti avvenuti sei mesi prima, totalmente sconfessata dalle opposte risultanze di cui alla controperizia redatta dal consulente incaricato dal ricorrente.

 

Il quarto procedimento disciplinare, relativo alla mancata disponibilità e restituzione di un hard disk, non risulterebbe invece supportato da alcuna evidenza documentale; il Tribunale di Milano ha riscontrato, al contrario, che l’hard disk si troverebbe nella disponibilità della società A., come si evince da un verbale di restituzione di cose sottoposte a sequestro.

 

Da ultimo, i giudici hanno ritenuto sussistente anche l’elemento del periculum in mora, che si presume dalla situazione di evidente difficoltà del lavoratore.

 

La sussistenza di obiettivi indici fattuali quali la percezione di un reddito medio e il coinvolgimento in una vicenda giudiziaria durata più di cinque anni e mezzo, sommati alla privazione del lavoro e della retribuzione per un protratto periodo di tempo, possono far desumere l’esistenza di una condizione di dissesto economico e di disagio psico-fisico.

 

È evidente che la situazione descritta sia astrattamente idonea a causare un pregiudizio giuridicamente rilevante, non solo di natura patrimoniale.

 

Sulla base di tali premesse il ricorso ex art. 700 c.p.c. è stato accolto. L’ordinanza ha così imposto la riammissione al servizio del whistleblower, sospendendo tutti i provvedimenti disciplinari impugnati e disponendo un ristoro economico provvisorio, con la corresponsione delle retribuzioni maturate e dovute dalla data della sospensione cautelare a quella dell’effettiva reintegra.

 

5. Considerazioni conclusive

 

L’importanza dell’ordinanza in esame è rappresentata dal carattere di novità della stessa. Come anticipato, infatti, si tratta del primo provvedimento cautelare d’urgenza reso a favore di un whistleblower in Italia.

 

La decisione è sintomo di una nuova sensibilità che emerge, oltre che nella legislazione, anche nella giurisprudenza.

 

Dopo le importanti novità del 2023 che hanno interessato la materia del whistleblowing, riferendosi in tal senso sia all’entrata in vigore del già citato d. lgs. n. 24 del 10 marzo 2023 recante «Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali», sia all’introduzione delle c.d. segnalazioni esterne da indirizzare all’ANAC,  si intravedono anche i primi riflessi della normativa sulle posizioni giurisprudenziali.

 

Oltre al provvedimento in commento, si ritiene funzionale segnalare un’ulteriore decisione di simile stampo, emessa dal Consiglio di Stato a pochi giorni di distanza (Cons. di Stato, sez. VI, 25 agosto 2023, n. 3381), con la quale i giudici di Palazzo Spada hanno accolto una domanda cautelare d’urgenza del segnalante, evidenziando la natura oggettivamente lesiva degli atti impugnati nonché il significativo lasso di tempo trascorso dal ricorrente senza poter prestare attività lavorativa.

 

Anche in detta occasione il periculum in mora (richiesto in questo caso dall’art. 55 c.p.a.) è stato accertato presumendo il pericolo di un pregiudizio grave e irreparabile dalla obiettiva idoneità lesiva degli atti impugnati (destituzione dal servizio e sospensione cautelare) e dalla durata dell’inattività lavorativa forzosa di cui è stato vittima il dipendente.

 

Le descritte pronunce sono state accolte con favore dagli esperti del settore, i quali rilevano i primi segnali verso la costruzione di una piena ed effettiva possibilità di difesa del whistleblower, anche e soprattutto al fine di evitare abusi e segnalazioni infondate e pretestuose che sfocino in gravi situazioni di disagio psico-fisico ed economico.

 

Le considerazioni conclusive che si ritiene meritino di essere sottolineate sono due: da un lato si assiste alla nascita e al consolidamento di un orientamento giurisprudenziale favorevole ai whistleblower.

 

In secondo luogo un rilievo di carattere più ‘tecnico’: in entrambe le decisioni citate l’utilizzo della prova presuntiva nell’accertamento dei presupposti per l’esercizio della tutela cautelare acquista un ruolo decisivo, ritagliandosi sempre più spazio nella giurisprudenza del lavoro.