Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24, di attuazione della Direttiva Whistleblowing: uno sguardo alle principali novità che interessano gli enti del settore privato
di Eliana Romanelli, Dottoranda di ricerca in Diritto penale
1. Introduzione
Come ormai noto il Governo italiano ha finalmente – con un ritardo di oltre un anno – dato attuazione alla cd. Direttiva Whistleblowing (Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019) con il Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24 recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali ed europee.
Il decreto è entrato in vigore il 30 marzo 2023 e le relative disposizioni avranno effetto a decorrere dal prossimo 15 luglio, con la sola eccezione relativa ai soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, fino a 249 lavoratori subordinati, per i quali l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023 e, fino ad allora, continua a trovare applicazione l’art. 6, comma 2-bis, lettere a) e b), del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Il nuovo decreto legislativo raccoglie in un unico testo normativo l’intera disciplina delle segnalazioni del settore lavorativo pubblico e privato, abrogando contestualmente l’art. 54-bis del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165; l’art. 6, commi 2-ter e 2-quater, del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (mentre il comma 2-bis viene reso oggetto di modifiche) e l’art. 3 della Legge 30 novembre 2017, n. 179.
Come evidenziato da Assonime, “ne deriva un ambito di applicazione della disciplina […], cui consegue un regime di obblighi e tutele a geometria variabile che muta in base: (i) all’oggetto della violazione; (ii) alla natura pubblica/privata del soggetto di appartenenza del segnalante; (iii) alle dimensioni dell’ente privato e all’applicabilità allo stesso della disciplina 231/2001” (cfr. Assonime, La nuova disciplina del Whistleblowing, Circolare n. 12 del 18 aprile 2023, p. 6).
La normativa intende perseguire maggiore chiarezza e organicità in materia, garantire una più idonea tutela ai soggetti interessati dalle segnalazioni e rafforzare la cultura della trasparenza e della legalità nei contesti lavorativi, incentivando – in piena riservatezza, imparzialità e in un clima di fiducia reciproca – le segnalazioni di comportamenti, atti o omissioni illeciti che ledono l’interesse pubblico o l’integrità della Pubblica Amministrazione e degli enti privati di cui i soggetti segnalanti siano venuti a conoscenza nel contesto di lavoro.
2. Le principali novità
Con riguardo alle principali novità di interesse per gli enti del settore privato (analizzate in un recente report dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e con riferimento alle quali sono state avanzate alcune preliminari considerazioni da parte di Assonime, Transparency International Italia e su questo sito in altro contributo, a cui si rinvia), in primo luogo si registra un ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione della disciplina del whistleblowing (artt. 2, comma 1, lett. q), e 3, comma 3), che ricomprende, nella definizione di soggetto segnalante, tutti i soggetti legati, a vario titolo, da rapporti professionali e lavorativi con gli enti (tra cui, oltre ai lavoratori subordinati, figurano i titolari di un rapporto di collaborazione, i lavoratori autonomi, i consulenti, i volontari, i tirocinanti, gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza).
Si tratta di una operazione che mette in luce la rilevanza delle risorse umane nella costruzione di una cultura organizzativa e la centralità dello strumento del whistleblowing nella prevenzione ed emersione di condotte illecite interne all’ente.
In secondo luogo risulta mutato l’ambito di operatività dei sistemi di gestione delle segnalazioni, la cui adozione nel settore privato, sino ad oggi, era prevista per i soli enti che, in via facoltativa, avevano deciso di implementare un sistema conforme alle prescrizioni del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
In ottica di modulare la disciplina in ragione della natura e delle caratteristiche degli enti privati, si prevede ora – attraverso un complesso sistema di rimandi interni a riferimenti normativi dello stesso decreto – che:
- negli enti privati che non hanno adottato un modello organizzativo e (a) hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati (con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato) o (b) pur avendo meno di 50 dipendenti operano in settori sensibili ai sensi del diritto europeo, il whistleblower può effettuare segnalazioni attraverso tutti i canali (interni, esterni e pubblici) inerenti a violazioni di disposizioni dell’Unione Europea (relativi ai settori degli appalti pubblici; dei mercati finanziari, della prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; della sicurezza e conformità dei prodotti; della sicurezza dei trasporti; della tutela dell’ambiente e della sicurezza nucleare; della sicurezza degli alimenti; della salute pubblica; della protezione dei consumatori; della tutela della vita privata, della protezione dei dati personali e della sicurezza delle reti e dei sistemi informativi) o atti o omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione o riguardanti il mercato interno;
- negli enti che hanno adottato un modello organizzativo e hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati (con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato), il whistleblower può effettuare segnalazioni relative a condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto 231 o violazioni dei modelli organizzativi attraverso canali di segnalazione interni, e violazioni del diritto europeo (inerenti ai settori sopra indicati) attraverso tutti i canali di segnalazione (interni, esterni e pubblici);
- negli enti privati che hanno adottato un modello organizzativo e hanno impiegato, nell’ultimo anno, meno di 50 lavoratori subordinati (con contratti di lavoro a tempo indeterminato), il whistleblower può effettuare segnalazioni relative a condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto 231 o violazioni dei modelli organizzativi, esclusivamente attraverso canali di segnalazione interni.
Grande rilievo assumono i maggiori oneri organizzativi e di procedimentalizzazione delle attività di gestione delle segnalazioni che discendono per gli enti dall’adeguamento al nuovo decreto.
In particolare, gli enti privati sono tenuti a istituire e gestire in modo trasparente, adeguato, puntuale e imparziale, canali di segnalazioni interni idonei a garantire la riservatezza dell’identità delle persone coinvolte, del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione, nonché la tempestività e l’effettività della tutela del segnalante (artt. 4 e 5), anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, garantendo la sicurezza delle informazioni e la protezione dei dati personali.
Il sistema di gestione delle segnalazioni dovrà essere definito e implementato in maniera appropriata rispetto alla struttura e alle finalità perseguite da ciascuna organizzazione e, nello specifico, dovrà individuare le modalità organizzative dell’ente, gli strumenti mediante i quali effettuare le segnalazioni, i destinatari e gestori delle stesse, le risorse interne ed esterne coinvolte, i termini per riscontrare le segnalazioni e dare diligente seguito alle stesse e le tempistiche di svolgimento di ciascuna fase del processo di gestione delle segnalazioni.
In un’ottica sempre più integrata, dunque, il sistema di gestione delle segnalazioni
diviene così “un ulteriore tassello del sistema dei controlli interni e degli assetti organizzativi” degli enti (cfr. Assonime, La nuova disciplina del Whistleblowing, Circolare n. 12 del 18 aprile 2023, p. 2).
Il decreto sottolinea altresì che per gli enti che hanno adottato un modello organizzativo ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, tale adempimento continua a rappresentare un requisito di idoneità e adeguatezza del modello organizzativo stesso.
La scelta del canale di segnalazione non è più rimessa alla discrezionalità del whistleblower, in quanto il decreto, in via prioritaria, favorisce l’utilizzo del canale interno e, solo al ricorrere di una delle condizioni di cui all’art. 6, consente di effettuare una segnalazione esterna.
Si prevede, dunque, l’attivazione di un canale esterno, indipendente ed autonomo, attivabile solo ove ricorra una delle circostanze dell’art. 6, ossia in mancanza di idoneo canale di segnalazione interno oppure ove la segnalazione interna non abbia avuto seguito o la persona segnalante abbia fondati motivi di ritenere che se effettuasse una segnalazione interna alla stessa non sarebbe dato efficace seguito o subirebbe atti di ritorsione o, ancora, nel caso in cui si ritenga che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse (condizioni sulle quali Confindustria aveva già espresso alcune riflessioni critiche nel position paper del 20 gennaio 2023).
Il canale di segnalazione esterno sarà gestito dall’Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC (art. 7), alla quale il decreto attribuisce un ruolo centrale, sul piano regolatorio, gestorio e sanzionatorio, con riferimento alle segnalazioni provenienti sia da enti pubblici che privati, “in linea con la crescente tendenza dell’ordinamento a rafforzare la sinergia tra pubblico e privato in funzione di garanzia della legalità” (cfr. Assonime, La nuova disciplina del Whistleblowing, Circolare n. 12 del 18 aprile 2023, pp. 2-3).
Data la complessità della disciplina sul punto, l’art. 10 del decreto rileva la necessità di elaborare linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni esterne, le quali dovranno essere adottate dall’ANAC entro il prossimo 30 giugno e il cui schema è disponibile per la consultazione.
Vengono poi definiti i presupposti per poter procedere alla divulgazione pubblica (art. 15), attivabile – come previsto dalla Direttiva Whistleblowing, di cui, sul punto, il decreto traspone le relative previsioni in modo piuttosto pedissequo – solo quale extrema ratio (incidendo su beni giuridici rilevanti come la reputazione delle persone coinvolte) in determinati casi, quali il mancato riscontro ad una segnalazione interna o esterna e la sussistenza di un fondato motivo per ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse o che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o non avere efficace seguito (come nelle ipotesi indicate a titolo esemplificativo nel decreto medesimo).
Si rileva, infine, un rafforzamento della tutela del segnalante in buona fede, ossia di colui che, al momento della segnalazione o della denuncia alle autorità competenti o della divulgazione pubblica effettuate nel rispetto della normativa, aveva fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate, divulgate pubblicamente o denunciate fossero vere (art. 16).
Tale soggetto si trova sicuramente in una posizione di vulnerabilità rispetto all’ente e, pertanto, il decreto, in linea con quanto previsto dalla Direttiva Whistleblowing, dispone un generale divieto di ritorsioni (art. 17) e la nullità di tali atti che si presumono essere stati posti in essere in ragione e a seguito delle denunce effettuate, con inversione dell’onere della prova posto a carico del datore di lavoro.
È, inoltre, prevista la possibilità di beneficiare di misure di sostegno da parte di Enti del Terzo Settore individuati dall’ANAC (artt. 18 e 19), la quale è estesa anche a soggetti ulteriori rispetto ai segnalanti, tra cui figurano i facilitatori (persone fisiche che assistono i segnalanti nel processo di segnalazione all’interno del medesimo contesto lavorativo), le persone legate al segnalante da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado, i colleghi di lavoro della persona segnalante che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente e altri enti di proprietà o collegati alla persona segnalante (art. 3, comma 5).
Sul fronte sanzionatorio l’art. 21 del decreto prevede che l’ANAC applichi sanzioni amministrative pecuniarie (a) nel caso in cui sono state commesse ritorsioni o la segnalazione è stata ostacolata o è stato violato l’obbligo di riservatezza; (b) in caso di mancata istituzione di canali di segnalazione e di mancata o inadeguata adozione di procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni; (c) nel caso di accertamento della responsabilità della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia sia sul piano penale che civile nei casi di dolo o colpa grave.
Nei predetti casi si dispone altresì che gli enti con meno di 50 dipendenti e che hanno istituito un modello organizzativo devono prevedere apposite sanzioni disciplinari.
Il sistema sanzionatorio del decreto rappresenta, tuttavia, “uno degli anelli deboli della disciplina”, in quanto risulta coerente con l’impianto sanzionatorio di cui alla Legge 30 novembre 2017, n. 179 e “l’esperienza ha dimostrato come quelle sanzioni non siano […] “effettive, proporzionate e dissuasive”, come invece richiesto dalla Direttiva” (cfr. Transparency International Italia, p. 41).
3. Conclusioni
Con riguardo ai temi più delicati e controversi del decreto – che potrebbero essere oggetto di interpretazioni contrastanti e portare ad un utilizzo abusivo dello strumento del whistleblowing, coma già evidenziato nel position paper di Confindustria e nei primi commenti elaborati da Assonime e Transparency International Italia – si auspica un intervento chiarificatore, anche da parte dell’ANAC, mediante la formulazione di puntuali indicazioni nelle linee guida di prossima adozione, o di Confindustria, in sede di aggiornamento delle linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo, al fine di guidare le organizzazioni del settore privato nella redazione o aggiornamento dei propri strumenti normativi interni.
In particolare, potrebbero sorgere alcune difficoltà applicative in ragione della genericità delle disposizioni del decreto inerenti (i) l’individuazione del destinatario delle segnalazioni effettuate mediante canali interni; (ii) il parametro della diligenza richiesta nel dare riscontro alle segnalazioni ricevute; (iii) la definizione di un idoneo iter procedurale per la gestione delle segnalazioni nei gruppi di imprese; (iv) la verifica della sussistenza dei fondati motivi che hanno indotto il segnalante a ricorrere al canale di segnalazione esterno e dei presupposti per beneficiare della protezione di cui al decreto nel caso di divulgazione pubblica.
Si tratta di temi di grande rilievo che possono incidere pesantemente sull’organizzazione interna e l’operatività degli enti e che, per tale motivo, dovranno essere considerati con particolare cautela in sede interpretativa.