L’estinzione dell’ente non osta alla condanna per responsabilità ex d.lgs. n. 231/2001

di  Federica  Zazzaro, Dottoranda di ricerca in Diritto penale

 

 

 

La cancellazione della società dal registro delle imprese non incide sulla legittimità della sentenza di applicazione della sanzione su richiesta delle parti, ex art 63 d.lgs. n. 231/2001, qualora sia stato raggiunto l’accordo sulla pena in data antecedente l’estinzione dell’ente.

 

Così il giudice per le indagini preliminari (in seguito Gip) del Tribunale di Milano, con sentenza n. 2993 del 15 novembre 2022, ritorna su un tema rilevante – quello degli effetti derivanti dall’estinzione dell’ente a seguito di sentenza di condanna per responsabilità 231 – e conferma l’orientamento recente della Corte di Cassazione favorevole all’applicazione della sentenza pregiudizievole anche nei confronti della società estinta.

 

 

La questione è interessante e presenta profili problematici in quanto il decreto 231 non prevede una specifica disciplina sul punto, ma si limita a regolamentare nella Sezione II del Capo II le vicende modificative.

 

Infatti, la normativa prevede che la responsabilità dell’ente sussiste in caso di trasformazione o fusione (ai sensi degli artt. 28 e 29 d.lgs. n. 231/2001). Così come la responsabilità rimane ferma anche in caso di scissione parziale e cessione di azienda (ex artt. 30 e 33 d.lgs. n. 231/2001) e sarà solidale rispettivamente tra l’ente scisso e gli enti beneficiari della scissione e tra il cessionario e il cedente.

 

Pertanto, al fine di comprendere meglio la tematica sottesa, si ritiene opportuno partire dagli orientamenti giurisprudenziali precedenti prima di analizzare il caso odierno.

 

 

 

 

1. Le diverse posizioni della Corte di Cassazione: morte dell’ente o fraudolenta estinzione?

 

A fronte di questa lacuna legislativa, la giurisprudenza di legittimità si è fatta carico di risolvere la questione pronunciandosi sulle conseguenze giuridiche derivanti dal fenomeno estintivo dell’ente.

 

Secondo un primo orientamento, espresso nella sentenza Cass. pen., sez. II, 10 settembre 2019, n. 41082 e successivamente ribadito nella sentenza Cass. pen., sez. V, 27 aprile 2021, n. 25492, la Cassazione accoglie il principio secondo cui l’estinzione dell’ente mediante cancellazione determinerebbe anche l’estinzione dell’illecito previsto dal d. lgs. n. 231/2001.

 

In questo modo i giudici di legittimità equiparano il fenomeno della cessazione della società a quello della morte della persona fisica e riconoscono i medesimi effetti previsti dall’art. 150 c.p. (in tema di estinzione del reato per decesso del reo prima della condanna) e dall’art. 171 c.p. (relativo invece all’estinzione della pena per la morte sopraggiunta in un momento successivo). Secondo il Collegio «solo il fenomeno di estinzione fisiologica dell’ente è assimilabile alla morte dell’imputato e produce come conseguenza l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231»

 

Adottando questa prima impostazione, si legge nella pronuncia del 27 aprile 2021 n. 25492, è necessario operare una distinzione tra l’estinzione fraudolenta, finalizzata ad eludere la responsabilità e, quindi, priva di efficacia giuridica, dalla “morte” fisiologica dell’ente, l’unica in grado di produrre effetti sul piano imputativo.

 

 

 

 

2. Il nuovo orientamento dei giudici di legittimità: un passo indietro

 

Successivamente, con la sentenza n. 9006 del 17 marzo 2022, la Corte smentisce quanto affermato in tema di assimilazione dell’estinzione fisiologica dell’ente alla morte del reo e opera un’inversione di posizione.

 

Il caso ha ad oggetto un episodio di lesioni colpose a danno dei dipendenti, dalla quale scaturiva una responsabilità della società ai sensi dell’art. 25-septies comma 3, d.lgs. n. 231/2001.

 

I giudici di legittimità, respingendo il ricorso promosso dalla società, ritengono che, ai fini dell’estinzione dell’illecito amministrativo derivante da reato, la cancellazione dal registro delle imprese sia di fatto irrilevante e ribadiscono che la lacuna legislativa del decreto 231 non può indurre «ad assimilare tale ipotesi, non disciplinata tra le vicende trasformative dell’ente, alla morte dell’imputato-persona fisica». Pertanto, la Cassazione conclude che l’estinzione della società «non pone un problema di accertamento della responsabilità dell’ente per fatti anteriori alla sua cancellazione, responsabilità che nessuna norma autorizza a ritenere destinata a scomparire per effetto della cancellazione dell’ente stesso».

 

 

 

 

3. La decisione del Gip di Milano

 

Sulla scia di quest’ultima decisione si colloca la sentenza del Tribunale di Milano del 15 novembre 2022, consolidando così la recente posizione di legittimità.

 

La vicenda ha ad oggetto la condanna di una società per l’illecito amministrativo di cui agli artt. 24 e 5 comma 1, lett. a), d.lgs. n. 231/2001 per non aver adottato ed efficacemente attuato modelli organizzativi idonei a prevenire i reati commessi dall’amministratore unico nell’interesse o vantaggio dell’ente (nella specie trattasi di reati di indebita percezione di erogazioni pubbliche, di cui all’art. 316 ter comma 1 c.p., commessi nel periodo tra il 2016 e il 2017 ai danni dell’I.N.P.S).

 

 

Il Gip di Milano, in via pregiudiziale, ribadisce che l’istanza di applicazione della sanzione pecuniaria, ex art. 63 d.lgs. n. 231/2001, concordata con il P.M, è idonea a «cristallizzare in via definitiva» la contestazione dell’organo requirente nei confronti dell’ente collettivo.

 

Inoltre, osserva il Tribunale, la cancellazione della società dal registro delle imprese, qualora susseguente all’addebito di responsabilità, non è causa ostativa alla sentenza pregiudizievole nei confronti dell’ente, che pertanto continuerà a mantenere la sua legittimità in fase esecutiva, seppur basandosi sulla fictio iuris della persistenza in vita del soggetto giuridico.

 

La ratio sottostante la decisione del Tribunale di Milano è quella di evitare che successive iniziative dei soggetti interessati possano sortire «l’effetto di paralizzare la risposta dell’ordinamento all’illecito dell’ente».

 

 

Così risolta la questione pregiudiziale, il Gip si esprime in senso favorevole all’accoglimento dell’istanza ex art. 63 d.lgs. n. 231/2001, riconoscendo altresì l’attenuante di cui all’art. 12 comma 1, lett. b) d.lgs. n. 231/2001, per essersi la società impegnata nel risarcire integralmente il soggetto pubblico danneggiato mediante pagamenti rateizzati, comprensivi d’interessi e sanzioni amministrative. Tra l’altro il riconoscimento della suddetta circostanza impone di escludere le sanzioni interdittive, ai sensi dell’art. 13 comma 3 d.lgs. n. 231/2001 e di determinare il valore della quota in euro 103,00, ai sensi dell’art.11 comma 3 d.lgs. n. 231/2001.

 

 

Quanto alle modalità esecutive della condanna, nulla è indicato nella sentenza del Gip, ma alla luce del richiamo alla disciplina civilistica operato dalla Corte nella sentenza n. 9006 del 2022, l’estinzione della persona giuridica dovrebbe trasferire la titolarità dell’impresa direttamente ai singoli soci e non dovrebbe far venir meno i rapporti sorti nell’esercizio dell’attività anteriormente allo scioglimento della società.

 

Nonostante ciò, permangono dubbi sulle modalità esecutive della sanzione amministrativa pecuniaria e sulle conseguenze pregiudizievoli a carico dei soci dell’ente estinto.

 

 

 

 

 

 

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