La giurisprudenza dinnanzi alla responsabilità dell’ente per reati «bagatellari»

di  Megi  Trashaj,  Dottoranda  in Diritto penale;  Avvocato

 

 

1. L’ente e la sua responsabilità di fronte a reati «irrilevanti» per il diritto penale

 

Dall’entrata in vigore del d.lgs. 231/2001, che con un’ottantina di articoli ha stravolto le responsabilità delle societas, diversi sono i temi e i problemi che la giurisprudenza ha dovuto affrontare e (cercare di) risolvere.

 

Tra i tanti è ancora tutta aperta la partita sull’applicabilità della Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) alle corporations quando al loro interno si siano verificati reati «bagatellari»: se la persona fisica commette un reato ritenuto dal legislatore non meritevole di pena, l’ente – la cui responsabilità sorge a fronte di questa «bagatella» – dovrà rispondere dell’illecito amministrativo dipendente da quel fatto penalmente «irrilevante»?

 

A questa domanda ha risposto la giurisprudenza di merito e di legittimità nelle sentenze in materia ambientale che di seguito saranno analizzate con riferimenti non solo ai percorsi logico-argomentativi seguiti dai giudici ma anche ai fatti «bagatellari» sui quali tali percorsi sono stati elaborati.

 

 

2. L’autonomia della responsabilità dell’ente ex art. 8 d.lgs. 231/2001 nei casi di autore del reato «non identificato» o «non punibile» ed «estinzione del reato»

 

Per un corretto inquadramento del tema è necessario partire dal disposto normativo che viene in rilievo. L’art. 8 del d.lgs. 231/2001, è volto a regolare – prescrivendo il permanere della responsabilità per l’ente – il caso in cui, dinnanzi all’accertamento giudiziale di un reato, alla persona fisica non risulti applicabile la pena prevista dal legislatore per il reato posto in essere, reato che è al contempo presupposto per l’applicazione di una sanzione amministrativa-penale alla corporation ai sensi del Decreto.

 

Più in particolare la norma disciplina l’autonomia della responsabilità dell’ente rispetto a quella della persona fisica e prevede la rimproverabilità della corporation anche qualora:

  • l’autore del reato non sia stato identificato nell’ambito del procedimento penale (art. 8, co. 1, l. a);
  • la persona fisica che ha realizzato la condotta illecita sia risultata non imputabile (art. 8, co. 1, l. a);
  • il reato si sia estinto per causa diversa dall’amnistia (art. 8, co. 1, l. b).

 

Stando alla relazione illustrativa del d.lgs. 231/2001 «la configurazione della responsabilità dell’ente come un illecito amministrativo (sebbene sui generis) non poteva non implicare una conclusione di questo tipo. L’unica eccezione meritevole è stata rinvenuta nell’amnistia (evidentemente, “propria”), in presenza della quale, dunque, non potrà procedersi neanche nei confronti dell’ente».

 

«È appena il caso di accennare», continua la Relazione, «al fatto che le cause di estinzione della pena (emblematici i casi grazia o di indulto), al pari delle eventuali cause di non punibilità e, in generale, alle vicende che ineriscono a quest’ultima, non reagiscono in alcun modo sulla configurazione della responsabilità in capo all’ente, non escludendo la sussistenza di un reato» perché, in sintesi, gli illeciti dell’individuo e della società sono «concettualmente distinti».

 

D’altra parte, però, è utile segnalare sin d’ora che di tali «cause di non punibilità», pur menzionate dalla relazione illustrativa, non c’è traccia nella lettera dell’art. 8 del d.lgs. n. 231/2001 e questo dettaglio, come vedremo, è posto alla base di quelle ricostruzioni giurisprudenziali che tendono a ritenere l’avvenuta applicazione dell’art. 131 bis c.p. alla persona fisica influente anche per la persona giuridica.

 

 

3. L’art. 131 bis c.p. e i fatti (di reato) «bagatellari»

 

L’altro termine per l’inquadramento della questione è l’istituto della Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto che è stato introdotto nella parte generale del codice penale (art. 131 bis c.p.) con il d.lgs. 28/2015 (dunque dopo l’entrata in vigore dell’art. 8 del d.lgs. 231/2001) e che ricalca, ma solo approssimativamente, regole già presenti in ambito minorile (DPR 44/1988) e quelle previste per reati di competenza del giudice di pace (d.lgs. 274/2000).

 

Trattasi tecnicamente di causa di non punibilità che dunque presuppone, per essere applicata, l’avvenuto accertamento del reato in tutte le sue componenti.

 

Sintetizzando i presupposti per l’applicazione dell’art. 131 bis c.p., sono oggetto dell’impunità i reati consumati o tentatiti

  • punibili con pena pecuniaria o pena detentiva «non superiore nel minimo a due anni» (il limite è stato di recente modificato in questo senso dalla cd. riforma Cartabia, d.lgs. 150/2022) o pena monetaria congiunta a quest’ultima;
  • che presentino, in concreto, una particolare tenuità dell’offesa, da determinarsi con i criteri di cui all’art. 133 c.p.

 

Rinviando per gli ulteriori dettagli alla lettura del testo normativo, in questa sede pare utile ricostruire, seppure in modo schematico, la ratio della norma per poi porre l’attenzione sui punti di interesse in materia di responsabilità dell’ente.

 

L’istituto introdotto nel 2015, da correlarsi con il principio di offensività, è riconducibile – riprendendo le parole della Relazione illustrativa al d.lgs. 28/2015 – a casi di «irrilevanza del fatto» e non a quelli di «inoffensività» per i quali si deve affermare in radice l’insussistenza del reato (Relazione al d.lgs. 28/2015, par. 1-6).

 

La «irrilevanza» di cui all’art. 131 bis c.p., invece, presuppone un fatto tipico – costituente reato – da ritenere tuttavia «non punibile in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economica processuale». Trattasi, quindi, di regola che ha introdotto nel sistema penale quella che è stata denominata «depenalizzazione in concreto» ovvero un’esclusione dall’area della punibilità di fatti «immeritevoli» di punizione alla luce del noto principio penale di ultima ratio il quale impone di concludere che per «fatti bagatellari» l’uso del processo penale risulta «sproporzionato sia per l’ordinamento sia per l’autore, costretto a sopportate il peso anche psicologico del processo a suo carico» (Relazione al d.lgs. 28/2015, par. 1-6).

 

In definitiva, con le parole di una nota sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite in materia di art. 131 bis c.p.: «lo scopo primario è quello di espungere dal circuito penale fatti marginali, che non mostrano bisogno di pena» (Cass. pen. 13681/2016).

 

 

4. L’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. all’ente: due sentenze del Tribunale di Milano

 

Il Tribunale di Milano, sezione X penale, con la sentenza n. 677 del 23 gennaio 2018 (depositata il 7 febbraio 2018) statuiva sui seguenti fatti: tre apicali di una s.n.c. erano accusati di aver posto in essere la contravvenzione di cui all’art. 137, comma 5, primo periodo, d.lgs. 152/2006 (TUA) scaricando acque reflue industriali (derivanti da attività di distribuzione di carburanti con annesso autolavaggio) in pubblica fognatura superando i valori limite fissati dalla normativa vigente in relazione alla sola sostanza ‘rame’. Più nello specifico, il limite di concentrazione di rame nelle acque doveva essere contenuto entro i 0,4 mg/l mentre gli imputati avevano versato, in unico episodio accertato, acqua con concertazione di rame pari a 0,79 mg/l (con una difformità tra il consentito e l’accaduto pari a 0,39 mg/l, da ridursi a 0,34 mg/l considerando l’incertezza del verbale di campionamento). L’ente, invece, era chiamato a rispondere dell’illecito di cui all’art. 25 undecies d.lgs. 231/2001.

 

Le parti processuali chiedevano l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. per le persone fisiche con estensione degli effetti della non punibilità all’ente.

 

Il Tribunale rilevava, schematicamente, che

  • il superamento del valore previsto dal TUA (pur essendosi verificato) è «modesto», pertanto, la condotta posta in essere dalle persone coinvolte nel processo è «di scarsa offensività»;
  • il grado della colpa degli imputati è «contenuto» avendo essi «provveduto a monitorare la qualità degli scarichi aziendali […] ottenendo risultati sempre rientranti nei limiti di legge»;
  • a seguito dell’accertamento (che poi ha dato luogo alla contestazione in sede penale) «gli imputati si sono attivati per prevenire il rischio di ulteriori superamenti dei limiti tabellari […] installando un nuovo depuratore».

 

Per quanto riguarda l’ente, il Tribunale, sulla base delle seguenti argomentazioni, conclude per l’applicabilità anche nei confronti della corporation dell’istituto della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto:

  • il legislatore con l’approvazione del d.lgs. 28/2015 «nulla ha detto sui rapporti intercorrenti tra la nuova previsione dell’art. 131 bis c.p. e la responsabilità degli Enti»;
  • «l’istituto della “particolare tenuità del fatto” integra una causa di non punibilità non ricompresa nelle ipotesi espressamente menzionate nell’articolo 8»;
  • le finalità che il legislatore si è posto con l’introduzione del 131 bis c.p. («espungere dal circuito penale fatti marginali») verrebbero «chiaramente frustrate se per un reato che la legge considera di scarsissima offensività, per cui il Legislatore ha deciso di non procedere, si dovesse comunque accertare la responsabilità amministrativa dell’ente»;
  • la causa di non punibilità oggetto di esame, «attenendo al profilo dell’offensività del fatto tipico ed essendo quindi intrinseca alla struttura del reato, non può non esplicitare i suoi effetti anche sulla responsabilità amministrativa dell’ente, che trova fondamento nel reato medesimo».

 

Il processo termina con una sentenza di non doversi procedere nei confronti delle persone fisiche a norma dell’art. 131 bis c.p. e il giudice «per l’effetto, esclude la responsabilità della società».

 

Argomentazioni analoghe sono esposte anche nella sentenza del Tribunale di Milano, sezione X penale, n. 13402 del 27 novembre 2018 (depositata il 10 gennaio 2019). I fatti sono molto simili a quelli della pronuncia poco sopra analizzata: il legale rappresentante di una s.p.a. (esercitante l’attività di distribuzione di carburante e autolavaggio) era imputato ex art. 137, comma 2, TUA per aver scaricato in pubblica fognatura acque reflue industriali e acque meteoriche di dilavamento dei piazzali. La società era chiamata a rispondere dell’illecito di cui all’art. 25 undecies d.lgs. 231/2001.

 

Il Tribunale meneghino in questo caso, rilevata l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. all’apicale, affermava – anche se solo incidentalmente – che l’interpretazione secondo la quale la causa di non punibilità in esame sarebbe applicabile anche nei confronti dell’ente «debba essere privilegiata dal momento che quella alternativa comporterebbe una estensione analogica in malam partem dell’art. 8 d.lgs. n. 231/2001».

Per la precisione, però, occorre specificare che in questo caso il Tribunale assolveva l’ente per l’assenza di vantaggio-interesse rispetto al reato posto in essere dall’apicale.

 

 

5. La non applicabilità dell’art. 131 bis c.p. all’ente: una pronuncia del Tribunale di Bologna

 

Il Tribunale di Bologna con sentenza n. 3437 del 10 luglio 2018 (depositata il 23 luglio 2018) riteneva provata la responsabilità dell’apicale di una s.c.a.r.l. ex art. art. 256, co. 1, l. b, TUA per aver trattenuto in pessime condizioni e oltre i termini di legge due autoveicoli (destinati ad all’espatrio extra U.E.). A favore dello stesso, però, il giudice rilevava l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: i veicoli erano effettivamente destinati ad essere esportati, il pericolo realizzato con la condotta era modesto in quanto le auto erano conservate integre.

 

Sul diverso fronte della responsabilità dell’ente, il Tribunale concludeva per la non applicabilità alla corporation dell’istituto in esame:

  • «dato che la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è identificato, non è imputabile o il reato è estinto per causa diversa dall’amnistia, a fortiori non può considerarsi escluda nel caso in cui il reato risulti accertato (e non estinto), bensì ne venga esclusa la mera punibilità […] infatti, tale causa di non punibilità, pur producendo effetti sotto il profilo sanzionatorio del reato, non incide sulla sussistenza del reato contravvenzionale stesso».

 

 

6. La Corte di Cassazione sulla inapplicabilità del 131 bis c.p. all’ente: tre sentenze conformi

 

La Corte di Cassazione (sez. III pen.), ben prima delle sentenze meneghine analizzate poc’anzi, con sentenza n. 9072 del 17 novembre 2017 decideva sul ricorso proposto dalla Procura generale presso la Corte di Appello di Firenze avverso una sentenza del Tribunale di Grosseto che aveva applicato l’art. 131 bis nei confronti di quattro persone fisiche per il reato di cui all’art. 256, comma 1, TUA e ritenuto la conseguente estensione dell’istituto in analisi alla s.a.s. alla quale era addebitato l’illecito di cui all’art. 25 undecies d.lgs. 231/2001.

 

Il giudice di legittimità, con tale pronuncia, rileva, per punti, che:

  • l’art. 8 d.lgs. 231 non prevede l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. all’ente «poiché la relativa disciplina è intervenuta dopo (D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28)»;
  • tuttavia «la sentenza di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. pur producendo effetti sotto il profilo sanzionatorio (non punibilità) non coinvolge il reato. La decisione infatti esprime un’affermazione di responsabilità, pur senza una condanna, e pertanto non può assimilarsi ad una sentenza di assoluzione, ma lascia intatto il reato nella sua esistenza, sia storica e sia giuridica»

e conclude: «l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. non esclude la responsabilità dell’ente» che deve comunque essere «accertata effettivamente in concreto». Incidentalmente si noti che le sentenze del Tribunale di Milano, sopra analizzate, si pongono in contrasto con questo precedente di legittimità.

 

Con la successiva pronuncia n. 1420 del 10 luglio 2019 la Corte di Cassazione (sez. III pen.) si trovava di nuovo dinnanzi ad un ricorso proposto dalla Procura Generale (presso la Corte di Appello di Torino) contro la sentenza del Tribunale (di Terno) che aveva applicato l’art. 131 bis c.p. nei confronti di persone fisiche operanti all’interno di una s.n.c. (per il reato di cui all’art. 256 TUA) e, anche, a favore della menzionata società.

 

La Cassazione, in conformità alla precedente pronuncia, accoglieva le argomentazioni a favore della inapplicabilità all’ente della non punibilità in esame:

  • esiste una differenza «tra la responsabilità penale (che, per espressa previsione legislativa può ora essere esclusa nel caso di particolare tenuità del danno e del pericolo provocati dalla condotta, nella concorrenza delle altre condizioni richieste dall’art. 131 bis c.p.), e quella amministrativa dell’ente» da collocarsi in un «tertium genus di responsabilità»;
  • «la colpa di organizzazione, quindi, fonda una colpevolezza autonoma dell’ente»: «quella dell’ente trova nella realizzazione di un reato solamente il proprio presupposto storico, ma è volta a sanzionare la colpa di organizzazione dell’ente».

 

In ultimo, poi, la Corte di Cassazione (sez. III pen.) torna sul tema con la pronuncia n. 11518 del 23 gennaio 2019. In questo caso, il Tribunale di Milano (in discontinuità con le sentenze di merito prima analizzate) aveva assolto la persona fisica operante all’interno di una s.p.a. ex art. 131 bis c.p. (per fatti di cui all’art. 137 TUA) ma aveva condannato l’ente che dunque ricorreva al giudice di legittimità. Quest’ultimo non mutava il procedente orientamento: niente 131 bis c.p. per l’ente

  • è escluso «ogni automatismo tra l’eventuale riconoscimento della particolare tenuità del fatto nei confronti dell’autore del reato e l’accertamento della responsabilità dell’ente, la cui autonomia è stabilita dal già citato D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 8»;
  • la relazione ministeriale di accompagnamento al d.lgs. 231 esclude esplicitamente l’estensione alle corporations delle cause di non punibilità previste per le persone fisiche;
  • il riconoscimento della particolare tenuità disciplinata dal codice penale richiede una verifica che attiene «alla concreta manifestazione del reato anche attraverso la considerazione di aspetti precipuamente soggettivi» ricostruibili con riferimento all’autore del reato e non alla persona giuridica.

 

 

7. Un panorama incerto per l’ente e l’auspicato intervento legislativo

 

Innumerevoli i temi che, leggendo queste sentenze in materia di art. 131 bis c.p. e responsabilità dell’ente, affiorano alla mente e che sono stati oggetto di approfondimento dottrinale: fonti del diritto penale, successione di leggi nel tempo, interpretazione analogica e interpretazione estensiva, analogia in bonam partem e in malam partem, principio di offensività e di extrema ratio, tra i tanti.

 

Dinnanzi a soluzioni interpretative altalenanti, resta uno stato di incertezza normativa con riferimento all’ipotesi di responsabilità dell’ente per reati «bagatellari» e non significativi per il diritto penale. Rispetto a tale questione è forse auspicabile un intervento legislativo diretto a chiarire se l’art. 131 bis c.p. sia applicabile alla società o, magari, volto ad introdurre una specifica norma in materia di illecito amministrativo per reato «bagatellare», considerata anche l’esigenza che i Tribunali di merito – dinnanzi a fatti concreti – hanno avvertito (nelle sentenze passate in rassegna) di applicare l’esclusione della punibilità alla società.