Corruzione internazionale: il caso Hoskins e il concetto di “agent”
di Megi Trashaj, Dottoranda in Diritto penale; Avvocato
1. Il Foreign Corrupt Practices Act e la Anti-Bribery Convention
Il Foreign Corrupt Practices Act (FCPA) statunitense, approvato nel 1977 e poi modificato per adempiere agli obblighi assunti con la firma della OECD Convention on Combating Bribery of Foreign Public Officials in International Business Transactions (1997), è lo strumento normativo che gli Stati Uniti hanno predisposto (e poi aggiornato negli anni) per il contrasto alla corruzione internazionale, dunque, in estrema sintesi, per impedire a determinati soggetti U.S.A. di agire illecitamente su funzionari esteri per far ‘funzionare’ gli affari (letteralmente, secondo il Dipartimento di Giustizia U.S.A., per “obtaining or retaining business”). Più in generale, la normativa è volta a creare condizioni di parità tra imprese che operano in conformità alle regole di settore e a garantire la fiducia dei cittadini nell’integrità del mercato.
2. L’ambito soggettivo di applicabilità del FCPA
Il Foreign Corrupt Practices Act sanziona sia le condotte illecite poste in essere da cittadini o aziende statunitensi che quelle tenute da stranieri, anche al di fuori dal territorio americano, purché sussistano alcune circostanze, tra le quali – per quanto qui di interesse – rileva il rapporto tra l’autore della condotta illecita e la corporation americana o il soggetto che, emettendo titoli statunitensi, è sottoposto al FCPA.
In particolare, affinché all’attività dello ‘straniero’ in territorio extra U.S.A. si applichi la normativa in commento, egli deve poter essere qualificato quale employee (dipendente), officer (funzionario), director (direttore) o agent (agente) rispetto all’azienda americana (in tal senso si veda anche la guida sull’applicazione del FCPA, p. 3).
3. Le ampie maglie del concetto di agent
È sul concetto di agent, quello che più spesso viene utilizzato nella prassi, che si sono create diverse questioni interpretative con significativi effetti applicativi.
Il Dipartimento di Giustizia U.S.A. (DOJ) e la Securities and Exchange Commission (SEC), infatti, nei casi avviati contro soggetti non statunitensi per violazioni del FCPA commesse in territorio estero, hanno inteso – come rilevato dai commentatori – in senso molto ampio il significato di agent dell’azienda U.S.A.
Le questioni interpretative possono essere apprezzate e spiegate guardando ad un caso, pendente da diversi anni, deciso recentemente negli Stati Uniti.
4. Il caso Hoskins
Il concetto di agent, infatti, viene in rilievo nel cd. caso Hoskins.
Il fatto in sintesi: Lawrence Hoskins, cittadino britannico, impiegato a Parigi presso la filiale UK della francese Alstom SA, avrebbe autorizzato pagamenti affinché fossero devolute da soggetti americani tangenti a funzionari indonesiani perché favorissero la filiale Alstom U.S.A. nella conclusione di un contratto dal valore di 118 milioni di dollari.
4.1 La decisione del 2018: il concorrente non può rispondere del reato quale ‘complice’ se l’illecito non può essergli addebitato quale autore ‘principale’
La U.S. Court of Appeals in prima battuta respinge l’impianto accusatorio: il cittadino britannico operante all’estero non può essere ritenuto corresponsabile di un reato previsto dal FCPA qualora allo stesso l’illecito non possa essere addebitato quale soggetto attivo principale (a person could not be “guilty as an accomplice or a co-conspirator for an FCPA crime that he or she in incapable of committing as a principal”). Allo stesso tempo, però, la Corte lasciava aperta la possibilità che Hoskins fosse chiamato a rispondere della corruzione quale agent di Alstom U.S.A. (United States v. Hoskins, 2018, cd. Hoskins I).
4.2 La decisione del 2022: la società americana non aveva il potere di controllare l’operato di Hoskins che pertanto non era suo agent
Modificata, nella direzione suggerita dalla Corte, la tesi accusatoria, si giunge alla recente decisione della U.S. Court of Appeals (United States v. Hoskins, 2022) la quale richiama nella propria statuizione la definizione di rapporto di ‘agenzia’.
Tale rapporto sussiste nel caso di relazioni tra una persona (principal) e altro soggetto (agent) che deve muoversi per conto e sotto il controllo della prima. Tre gli elementi affinché esso si concretizzi:
- il principal deve dichiarare che l’agent agirà per suo conto;
- l’agent ha accettato l’impegno;
- vi è un accordo tra le parti sul fatto che il principal avrà il controllo sull’esecuzione dell’impegno assunto dall’agent.
Ciò considerato la Corte afferma, con riferimento al caso sottoposto a suo giudizio, che l’imputato non può essere considerato agent secondo il significato del FCPA: non sono state fornite prove che dimostrino oltre il ragionevole dubbio l’esistenza di un rapporto di ‘agenzia’ tra Hoskins e la società americana: egli era assunto da una controllata avente sede in altro Stato, lavorava in un dipartimento che offriva supporto per tutte le operazioni di vendita a livello globale, la società americana non aveva il potere di sorvegliare l’operato dell’inglese impiegato a Parigi.
4.3 La dissenting opinion del Giudice Raymond Lohier
In calce dalla decisione del 2022, il Giudice Lohier annota la sua dissenting opinion rispetto all’assoluzione. Secondo lui gli oneri probatori imposti dalla Corte all’accusa sarebbero troppo stringenti (in particolare con riferimento al rapporto di controllo tra principal e agent) e, inoltre, aggiunge: non avrebbe molto senso lasciare esenti da sanzione le persone fisiche che partecipano alla commissione degli illeciti per conto della società madre (straniera) di una società U.S.A.
5. Il rifiuto giurisprudenziale dell’accezione lata di agent fatta propria dal DOJ e dalla SEC
Il caso Hoskins, e in particolare la decisione del 2022, mettono in evidenza la ‘crisi’ della concezione espansiva di agent fatta propria, da anni, dal DOJ e dalla SEC.
Essa, infatti, non regge in un’ipotesi in cui le tangenti avrebbero favorito una società U.S.A., semplice controllata di altro ente francese, e sarebbero state autorizzate da cittadino straniero, dipendente di diversa societas avente sede in Gran Bretagna, impiegato – di medio livello – a Parigi e non sottoposto alla supervisione dell’ente americano.
5.1 Possibili conseguenze negative: gli enti U.S.A. allenteranno i ‘controlli’ sui soggetti stranieri?
A fronte della giurisprudenza U.S.A. in materia di corruzione internazionale, che irrigidisce il perimetro del concetto di agent, vi è il rischio che le società si impegnino ad evitare rapporti riconducibili al concetto di ‘controllo’ tra affiliate operanti in diversi stati (e loro dipendenti).
Più nello specifico, il timore è che le societas, per evitare imputazioni ex FCPA, realizzino (formalmente o sostanzialmente) decentramenti sempre più ampi delle strutture di governance.
Che cosa ne potrebbe derivare? Semplice: anche imprese in cui la compliance funziona, e che insisterebbero per alzare lo standard della conformità, sarebbero spinte a lasciar ampi margini di libertà alle aziende del gruppo che operano all’estero e questo, inutile dirlo, avrebbe impatto non solo per gli Stati Uniti ma anche per le altre corporations del globo.
Riassumendo con le parole del Giudice Lohier: “U.S. companies will be motivated to organize themselves to avoid exercising control over the employees of foreign affiliated companies who engage in bribery overseas”.
5.2 L’altra faccia della medaglia: i principi di diritto penale
Dall’altra parte, usando gli occhiali del penalista, non si può fare a meno di notare che la decisione sul caso Hoskins rimette al centro importanti principi: non solo quello della colpevolezza, da dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio, ma anche quello della territorialità, tendenzialmente dominante in passato (non solo in Italia) e sensibilmente ridimensionato a favore della universalità per soddisfare esigenze repressive di crimini transnazionali.
6. In attesa di sviluppi…
Anche l’OCDE si è sempre mostrata attentissima alla tematica in analisi e quindi agli sviluppi relativi al caso Hoskins. Sia nella relazione del 2020 che nel recentissimo follow up del 2022, infatti, si dedica particolare attenzione alla vicenda.
Più nel dettaglio, nel report OECD del 2020, si evidenziava preoccupazione (ai fini del contrasto al crimine corruttivo) con riferimento alla sentenza sul caso Hoskins I nella parte in cui la Corte escludeva la possibilità di ritenete corresponsabile del reato di corruzione internazionale colui che non potrebbe essere considerato soggetto attivo dell’illecito in prima persona.
Nel recentissimo fallow up di ottobre 2022, passati in rassegna il caso Hoskins e analoghi procedimenti ancora in corso, l’OECD non può che dar conto di una giurisprudenza statunitense non ancora sedimentata in materia di corruzione internazionale e responsabilità dello straniero operante all’estero.
Probabilmente, quindi, ha ragione il Giudice Lohier: sul tema dovrà intervenire il Congresso o la Corte Suprema U.S.A.
Vedremo, dunque, se e quando questo avverrà.
Clicca qui per leggere la sentenza della U.S. Court of Appeals for the Second Circuit, United States v. Hoskins, 2018.
Clicca qui per leggere la sentenza della U.S. Court of Appeals for the Second Circuit, United States v. Hoskins, 2022.