La disclosure sui rischi climatici: le “Final Rules” della U.S. Securities and Exchange Commission

di Claudia Cantisani,  dottoressa di ricerca in diritto penale  e docente a contratto presso Università di Pisa

 

 

 

1. Introduzione

 

Dando seguito ad una proposta avanzata già l’anno passato (per un commento della quale si rimanda al link), lo scorso 6 marzo la Securities and Exchange Commission (d’ora innanzi SEC) statunitense ha adottato regole finali per potenziare e standardizzare le comunicazioni relative alla gestione del rischio climatico da parte delle società quotate pubbliche e nelle offerte pubbliche.

 

Le disposizioni da ultimo redatte riflettono gli sforzi della Commissione per far fronte all’esigenza di informazioni più affidabili – soprattutto in termini di coerenza e verificabilità – sugli effetti finanziari dei rischi legati al clima.

 

Questa esigenza, manifestata dagli investitori, è motivata dal fatto che la maggioranza degli investimenti passa necessariamente da una preliminare considerazione del rischio ambientale e dalle informazioni che le società mettono a disposizione in merito.

 

Stando al panorama prospettato da Gary Gensler, Presidente della SEC, infatti, la ragione principale per la quale viene segnalata la necessità di intervenire con risolutezza sulle informazioni aziendali legate al rischio climatico, e di assicurare la loro coerenza (consistency), comparabilità (comparability), utilità (decision usefulness) e affidabilità (reliability), è di tipo principalmente economico.

 

Secondo quanto riportato da analisi statistiche, nell’anno 2022 il 90% delle società prese come campione (un migliaio tra le più importanti in termini di emissioni) ha effettuato la disclosure in tema ambientale. La maggioranza di queste imprese, in particolare, ha rilasciato dichiarazioni relativamente alle emissioni di gas e alle spese energetiche, sulla base delle quali sono stati – e vengono tuttora – fatti investimenti di decine di miliardi di dollari.

 

Rispetto alle precedenti regole, dal taglio prevalentemente prescrittivo e formale, quelle finali si concentrano per lo più su aspetti sostanziali. Esse vertono sulle informazioni dei rischi climatici che abbiano avuto un impatto effettivo, “materiale” (lett. material impact), o che avranno presumibilmente tale effetto, sulle strategie di business dell’impresa, sui risultati delle operazioni e sulle condizioni finanziarie.

 

A questo proposito, si chiarisce che per “impatto materiale” (o, anche, “materiality”) si guarda esclusivamente alle ricadute delle informazioni sugli investimenti e sulle decisioni di voto. La disclosure regolata dalle final rules della SEC fa riferimento, cioè, unicamente alle informazioni che incidono in modo diretto sugli investimenti delle imprese (si parla in questi termini di specificity dell’intervento).

 

Affidabilità e reperibilità sono garantite, invece, prevedendo che tali informazioni vengano mantenute, più che sui siti web della società, in documenti societari destinati alla SEC, come i reports annuali o i registration statements, rappresentati da una serie di documenti che la società è tenuta a depositare presso la SEC per procedere ad un’offerta pubblica.

 

Infine, come con la proposta del 2022, le regole finali si concentrano in modo particolare sulle emissioni di gas serra (Greenhouse Gas Emissions – GHG) e sui contenuti del Greenhouse Gas Protocol, nonché su altri profili legati alla climate disclosure, quali la governance, la gestione del rischio, le strategie e gli obiettivi d’impresa, come evidenziato dalla Task Force on Climate-Related Financial Disclosures (TCFD), ora incorporata negli standards del nuovo International Sustainability Standard Board (ISSB).

 

 

2. I contenuti degli obblighi di disclosure.

 

Le rules trovano applicazione rispetto alle società nazionali e straniere che redigono reports periodici o registration statements con la SEC (cd. registrants).

 

I contenuti dell’informativa coprono, in sintesi, i rischi materiali relativi al clima, le attività dirette alla loro riduzione e alle operazioni di adattamento a tali rischi, le informazioni relative alle decisioni della dirigenza in merito alle situazioni di rischio e il ruolo da questa assunto nella loro gestione e, infine, le informazioni sugli obiettivi legati al rischio ambientale che si rivelano significativi per il business d’impresa, per i risultati delle operazioni societarie o per lo stato finanziario.

 

In particolare, devono essere oggetto di disclosure le seguenti informazioni:

 

  • I rischi legati al clima che hanno avuto – o che è ragionevolmente probabile che abbiano – un impatto materiale sulla strategia aziendale del registrant, sui risultati operativi o sulla situazione finanziaria;
  • Gli impatti materiali effettivi e potenziali dei rischi correlati al clima su: strategia, modello di business e prospettive;
  • Nel caso in cui un registrant, per scelta strategica, abbia intrapreso attività per ridurre il rischio ambientale o per adattarvisi, una descrizione quantitativa e qualitativa delle spese materiali sostenute e degli impatti materiali sulle stime finanziarie e sulle valutazioni che derivano direttamente da tali attività di riduzione o adattamento;
  • Le informazioni specifiche riguardanti le attività di un registrant per il contenimento del rischio climatico, compreso l’uso, se del caso, di piani di transizione, analisi di scenario o definizione del cd. carbon pricing;
  • Ogni supervisione da parte del consiglio di amministrazione sui rischi legati al clima e il ruolo della dirigenza nella loro valutazione e gestione;
  • Le procedure che il registrant abbia eventualmente implementato per identificare, valutare e gestire i rischi climatici;
  • Le informazioni su obiettivi o traguardi climatici di un registrant, che abbiano influenzato materialmente o che ragionevolmente influenzeranno la sua attività, i risultati operativi o la sua situazione finanziaria. La disclosure dovrebbe includere le voci di spesa effettive e gli impatti materiali sulle valutazioni finanziarie a seguito della realizzazione dell’obiettivo o delle azioni intraprese per il suo conseguimento;
  • Per alcune categorie di società (per i requisiti delle quali si rinvia al link), sottoposte a termini di registrazione piuttosto brevi, denominate large accelerated filers (LAFs) e accelerated filers (AF), informazioni sulle emissioni di gas di specifiche tipologie richiamate nelle rules (in particolare le tipologie 1 e 2) (v. infra).
  • I costi capitalizzati, le spese sostenute, gli oneri e le perdite incorse a seguito di eventi meteorologici estremi e di altre calamità naturali (vengono richiamati a titolo di esempio uragani, tornado, inondazioni, siccità, incendi boschivi, temperature estreme e innalzamento del livello del mare), soggetti a determinate soglie, pubblicati in nota al bilancio di esercizio;
  • I costi capitalizzati, le spese sostenute e le perdite relative a compensazioni delle emissioni di carbonio e crediti o certificati di energia rinnovabile (lett.; “renewable energy credits or certificates” – RECs), se utilizzati come componente sostanziale dei piani di un registrant in vista di certi obiettivi climatici dichiarati in nota al bilancio;
  • Nel caso in cui le stime e le previsioni utilizzate per redigere il bilancio siano state influenzate dai rischi associati ad eventi meteorologici estremi e ad altre calamità naturali o siano state influenzate da obiettivi climatici o da piani di transizione oggetto di disclosure, una descrizione qualitativa dell’impatto su tali valutazioni, pubblicata in nota al bilancio.

 

Le norme finali prevedono, altresì, un periodo di adeguamento graduale per tutte le società destinatarie, le cui tempistiche dipendono dallo status di registrant e dal contenuto dell’informativa.

 

 

2.1 Sulle greenhouse gas emissions (GHG)

 

Come già anticipato, la parte dedicata alle emissioni di gas serra rappresenta un profilo primario delle final rules.

 

Per agevolare le valutazioni di rischio, le regole finali richiedono la disclosure di alcune tipologie di emissioni in relazione alle imprese più grandi, nonché la disclosure degli effetti sul bilancio di gravi eventi climatici e altre calamità naturali, come costi e perdite.

 

Vi è una particolarità delle regole finali sul tema: a differenza delle norme già precedentemente proposte, queste ultime non richiedono alle società pubbliche la divulgazione delle emissioni relative al cd. “Scope 3” (quelle, cioè, relative alle supply chains e che quindi non soggiacciono al diretto controllo della società), diversamente da quanto previsto dalle norme sulla disclosure in tema di sostenibilità stabilite dalla Direttiva UE sul reporting di sostenibilità delle imprese – EU Corporation Sustainability Reporting Directive (Directive EU 2022/2464) – e da quelle recentemente adottate dalla California (per le quali si rinvia al link e per il commento delle quali si veda qui), nonché dall’International Sustainability Standard Board (cfr. link).

 

Si tratta, nella specie, delle emissioni indirette relative alle catene di valore, provenienti da fonti che l’ente non controlla direttamente: ad esempio, ma non solo, si fa riferimento a beni e servizi acquistati, viaggi di lavoro, spostamenti dei dipendenti, produzione e utilizzo di prodotti.

 

Le final rules prevedono, invece, soltanto la divulgazione delle emissioni rilevanti della prima tipologia cd. “Scope 1” (vale a dire, le emissioni dirette imputabili all’ente) e della seconda tipologia, cd. “Scope 2” (relativa alle emissioni indirette che derivano, tuttavia, dalla produzione di energia che una società acquista per impiegarla nelle sue attività).

 

 

3. Presentazione delle disclosures

 

Rinviando alle rules per più puntuali dettagli sulla presentazione dell’informativa, soprattutto da parte delle società tenute alla disclosure sulle emissioni delle tipologie 1 e 2, più in generale, le regole finali richiedono che il registrant documenti l’informativa sui rischi ambientali nel proprio registration statement e nei reports annuali redatti con la SEC.

 

E’ previsto, altresì, che vengano fornite le informazioni sul clima come indicato nella Regulation SK – regolamento che stabilisce i requisiti di segnalazione per diversi documenti SEC utilizzati dalle società pubbliche –  in una sezione separata e adeguatamente intitolata nel registration statement o nella relazione annuale o in un’altra sezione ad hoc del documento, come quella su Fattori di rischio, Descrizione dell’attività o Discussione e analisi della direzione.

 

 

4. Implementazione delle regole secondo il modello phased-in

 

Le norme finali entreranno in vigore sessanta giorni dopo la pubblicazione nel registro federale e saranno introdotte gradualmente per tutte i registrants.

 

I termini dipenderanno, poi, dallo status del registrant – che, come in parte anticipato, può variare secondo le caratteristiche della società pubblica come LAF, AF, o NAF (“non-accelerated filer”), o SRC (“smaller reporting company”), o EGC (“emerging growth company”) – nonché dal contenuto dell’informativa (per es. sono previsti periodi aggiuntivi phased-in per le informazioni relative alle material expenditures, alle emissioni di gas serra, all’obbligo di tagging elettronico per i LAF).

 

 

5. Responsabilità

 

Le nuove regole non prevedono un’ampia disciplina di esenzione dalla responsabilità (lett.: liability safe harbor), ma estendono quella già prevista in materia civile dal Private Securities Litigation Reform Act per le dichiarazioni previsionali.

 

Tale estensione è prevista, però, per alcune soltanto delle informazioni oggetto di disclosure: quelle, cioè, che hanno a che fare con i piani di transizione aziendali, con l’analisi di scenario, con la definizione del carbon pricing interno e con la determinazione degli obbiettivi.

 

 

6. Conclusioni

 

La redazione delle regole finali rappresenta un considerevole traguardo rispetto alle attuali tendenze dei mercati di capitale verso politiche di trasparenza e tutela della sostenibilità.

 

L’esigenza di avere a disposizione un patrimonio informativo sui rischi climatici, sulle incertezze che ne derivano, sull’impatto di tali rischi e sulle potenziali opportunità è avvertita da tempo dagli investitori, che tuttavia si domandano se la scelta di rimettere la divulgazione di tali informazioni alla volontà degli enti rappresenti una soluzione adeguata.

 

I precedenti tentativi, tra i quali viene spesso richiamata la guida del 2010 sulle “climate-related disclosures” (cfr. link), diretta ad istruire le società su come i già esistenti requisiti SEC debbano trovare applicazione ai rischi da cambiamento climatico in reports periodici, non sembravano aver condotto a cambiamenti soddisfacenti, poiché le imprese tendevano ad attestarsi ad uno standard informativo minimo e di scarsa utilità per gli investitori.

 

Con le regole finali si cerca ora di fornire direttrici più sicure per garantire l’affidabilità e la verificabilità delle informazioni sul rischio ambientale, all’essenziale fine di tutelare gli investimenti. Pur non interferendo esse con le altre fonti in materia di disclosure ambientale – per esempio quelle europee innanzi richiamate – la loro effettiva applicazione dovrà tenere conto del coordinamento con le normative già esistenti.

 

Inoltre, nonostante lo scopo delle final rules sia migliorare le precedenti proposte in materia, in attesa di verificarne il concreto impatto, si avverte che la guidance del 2010 rimane comunque un rilevante riferimento, soprattutto per gli obblighi di disclosure nei settori di Description of Business, Risk Factors, Legal Proceedings and Management’s Discussion and Analysis.