DOJ: certificato di conformità a firma dei CEOs e CCOs

di  Megi  Trashaj,  Dottoranda in Diritto penale;   Avvocato

 

 

 

L’Assistant Chief, Fraud Section, dell’U.S. Department of Justice (DOJ) ha recentemente affermato che Chief Executive Officer (CEO) e Chief Compliance Officer (CCO) delle imprese attenzionate dalla giustizia statunitense saranno – “molto probabilmente” – tenuti a fornire ‘certificazioni di conformità’ (compliance related certifications) nell’ambito delle future resolutions relative alle loro corporations.

 

Si conferma così la politica diretta a rendere queste certificazioni parte integrante dei futuri agreements sottoscritti dalle aziende alle quali sono contestate condotte illecite.

 

Già in precedenza l’Assistant Attorney General for the Criminal Division si era soffermato sul punto evidenziano, durante la Compliance Week’s 2022 National Conference, che la svolta non ha “intento punitivo” ma è finalizzata a fare in modo che i responsabili della compliance aziendale ricevano tutte le informazioni rilevanti per valutare la conformità dell’impresa al dato normativo, i CCOs infatti dovrebbero avere “indipendenza, autorità e peso all’interno delle loro organizzazioni”.

 

Esempio pratico in cui il Dipartimento ha già iniziato a sperimentare il percorso della ‘certificazione’ è quello relativo al caso “Glencore”, in cui viene contestata alla multinazionale la responsabilità per violazione del Foreign Corrupt Practices Act (FCPA).

 

Le resolutions sulla menzionata vicenda permettono di immaginare l’oggetto della certificazione di conformità che in futuro potrebbe essere richiesta ad altre corporations. In particolare, tali risoluzioni impongono il monitoraggio di conformità della multinazionale per tre anni e, al termine, una certificazione – a firma del CEO e del CCO – nella quale essi attestino che

  • la società ha implementato il programma di conformità in materia di anticorruzione,
  • il programma è volto a prevenire le violazioni del Foreign Corrupt Practices Act,
  • le relazioni presentate al DOJ siano vere, precise e complete.

 

Diverse le perplessità già espresse dagli esperti del settore sulle nuove prassi del DOJ.

In primis, anche se l’obiettivo della ‘certificazione’ non è sanzionatorio, è comunque doveroso interrogarsi circa gli eventuali profili di responsabilità (penale) ai quali potrebbero esporsi i CEOs e i CCOs nel caso di false dichiarazioni. In secondo luogo, come dovranno interagire tra loro CEO e CCO nell’approvazione di un unico documento? E, infine, cosa accadrà qualora si troveranno in disaccordo? Solo un opportuno monitoraggio degli sviluppi in materia permetterà di rispondere a tali interrogativi.