Il trasferimento fraudolento di valori come illecito dell’ente: un’opportunità per la prevenzione antimafia?

di Mario Iannuzziello,  Assegnista di ricerca in Diritto penale

 

 

 

 

1.Premessa. Le modifiche al Decreto 231 apportate dalla legge n. 137/2023 e l’interesse per l’illecito legato all’art. 512bis c.p.

 

La legge n. 137 del 2023, che converte il cd. decreto giustizia dell’agosto 2023 (d.l. n. 105/2023), tra le varie modifiche al sistema penale sostanziale e processuale, interviene anche sul Decreto 231, introducendo tre nuovi illeciti amministrativi, che hanno quale reato-presupposto i delitti di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), turbata libertà di scelta del contraente (art. 353bis c.p.) e trasferimento fraudolento di valori (art. 512bis c.p.).

 

Il primo e il secondo di questi reati, divenuti presupposto del correlato illecito amministrativo dell’ente, vengono collocati all’art. 24, co. 1 d.lgs. n. 231/2001, che perimetra il rischio-reato afferente ai rapporti tra l’impresa privata e la pubblica amministrazione e – a seguito di tale novazione – estende la propria area preventiva, includendovi anche quelle condotte prodromiche alla gara pubblica. La legge n. 137 del 2023, infatti, interviene solo sul precetto dell’art. 24, co. 1 del Decreto 231, introducendovi il rinvio agli artt. 353 e 353bis del Codice penale, lasciando inalterata la previsione sanzionatoria. Pertanto, alla commissione degli illeciti amministrativi di nuovo conio segue la sanzione pecuniaria fino a 500 quote e, nei casi di maggiore gravità, quella da 200 a 600 quote (art. 24, co.2) nonché le misure interdittive del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione (salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio), dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi nonché del divieto di pubblicizzare beni o servizi (art. 24, co. 3).

 

Più interessante, invece, è l’introduzione del delitto di trasferimento fraudolento di valori nel catalogo dei reati-presupposto, il cui correlato illecito amministravo è inserito all’art. 25octies.1, che viene innovato anche nella rubrica: infatti, dall’ottobre 2023, questa è “Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contati e trasferimento fraudolento di valori”. La collocazione sistematica di questa fattispecie è già di per sé significativa del ruolo che il fatto ivi previsto gioca nella commissione degli illeciti (penali e amministrativi) contro il patrimonio, la fede e l’economia pubblica, essendone molto spesso un prodromo.

 

La nuova fattispecie 231 ha una cornice sanzionatoria propria e diversa da quella prevista per gli altri illeciti previsti dall’art. 25octies.1, comminando la sanzione pecuniaria da 250 a 600 quote e la possibilità di applicare tutte le sanzioni interdittive prevista dal Decreto 231 all’art. 9 co. 2.

 

L’interesse che suscita l’introduzione dell’art. 512bis c.p. nel Decreto 231 è legato al ruolo che questo delitto ricopre nella prevenzione antimafia, come si è avuto modo di notare già nell’analisi dei dati empirici raccolti nell’ambito del progetto di ricerca I vent’anni del d.lgs. n. 231/2001: evidenze empiriche e prospettive di riforma, da cui ha avuto origine questo sito e i cui esiti sono stati pubblicati del volume Verso una riforma della responsabilità da reato degli enti: dato empirico e dimensione applicativa.

 

In particolare, la lettura dei provvedimenti di sequestro antimafia disposti nel distretto della Corte di Appello di Napoli dal 2016 al 2021, che hanno riguardato le imprese, ha fatto emergere una dinamica criminologica dove il trasferimento fraudolento di valori si pone come delitto prodromico alla commissione di altri reati, spesso contro il patrimonio e per cui l’ente non poteva essere imputato ai sensi del Decreto 231.

 

Pertanto, la novella legislativa risulta di particolare interesse giacché pare colmare un vuoto della disciplina 231 relativo agli enti coinvolti nei procedimenti antimafia, visto il diverso campo di applicazione dell’art. 24ter del Decreto.

 

In tale ottica, dopo aver delineato i caratteri della fattispecie prevista dall’art. 512bis c.p. (infra § 2), si procederà ad analizzare il ruolo che il fatto ivi punito gioca nella prevenzione antimafia (infra § 3) e poi ci si chiederà se il nuovo illecito corporativo possa contribuire al contrasto delle attività mafiose che si avvalgono dell’impresa (infra § 4).

 

 

2. Il reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 512bisp.) nell’ottica della criminalità economica

 

Il reato di trasferimento fraudolento di valori era originariamente previsto all’art. 12quinqies del Codice antimafia (d.l. n. 306/1992). Successivamente, il d.lgs. n. 21/2018, introducendo la riserva di codice (art. 3bis c.p.), ha inserito tale reato a cerniera tra i delitti contro l’economia pubblica, chiudendo il Capo I del Titolo VIII, e i delitti contro l’industria e il commercio previsti al Capo II del medesimo Titolo.

 

L’introduzione dell’art. 512bis c.p. in questa parte del Codice penale si pone in perfetta continuità normativa con la disposizione previgente, conservando inalterati precetto e sanzione, ma – al contempo – manifesta il ruolo che il fatto ivi previsto e punito gioca in ambito economico, non solo mafioso. In altre parole, la promozione codicistica di questo delitto tende a manifestare anche sistematicamente che il trasferimento fraudolento di valori è un’offesa a beni giuridici primari – categorizzati nell’economia pubblica, nell’industria e nel commercio – che può verificarsi in un contesto di criminalità tanto mafiosa quanto comune.

 

La norma, infatti, prevede che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter, è punito con la reclusione da due a sei anni”.

 

Si tratta un reato comune, costruito sull’attribuzione – mediante un negozio giuridico simulato – della titolarità o della disponibilità di un bene o di un’utilità ad un terzo per eludere i provvedimenti di prevenzione patrimoniale previsti dal Codice antimafia o per agevolare la commissione di reati contro il patrimonio.

 

Questo doppio ambito preventivo acquista un rilievo peculiare nell’ottica della criminalità d’impresa e, più in generale, economica sotto un duplice punto di vista.

 

Da un canto, il primo ambito preventivo è delimitato dal d.lgs. n. 152/2011, che prevede le misure patrimoniali da adottare all’esito del procedimento di prevenzione (artt. 20, 24 e 25), mentre il secondo è dato dal legame tra il trasferimento fraudolento di valori e i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, che possono prescindere da un collegamento con l’attività mafiosa. Pertanto, l’oggetto materiale del delitto di cui all’art. 512bis c.p. può afferire ai beni aziendali, alle quote societarie, ai rapporti bancari, cioè a res che possono essere le cose oggetto del sequestro e della confisca antimafia, anche per equivalente, e anche cose di provenienza illecita (anche non mafiosa), che si vorrebbero immettere nel circuito dell’economia legale.

 

Dall’altro, poi, si deve notare l’interrelazione che l’art. 512bis c.p. instaura tra diversi soggetti. Questo delitto, come visto poc’anzi, è un delitto comune, mentre i provvedimenti di prevenzione patrimoniale riguardano soggetti qualificati (art. 16 d.lgs. n. 152/2011): di conseguenza, la fattispecie codicistica – e oggi anche corporativa – di trasferimento fraudolento di valori può contribuire a fare luce sui rapporti tra economia lecita e illecita, come si avrà subito modo di osservare.

 

 

3. Il trasferimento fraudolento di valori nella dinamica criminologica emergente dai sequestri antimafia

 

La ricerca empirica sui sequestri antimafia condotta nell’ambito del progetto di ricerca  ha evidenziato una dinamica criminologia in cui il reato di trasferimento fraudolento di valori funge da snodo essenziale tra i reati-mezzo e i reati-scopo dell’associazione mafiosa, dove l’impresa svolge un ruolo essenziale.

 

Questa dinamica criminologica consta di tre fasi.

 

Nella prima fase, vengono commessi reati di corruzione, estorsione, usura, contrabbando e delitti afferenti agli stupefacenti (fra tutti, quelli previsti dagli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309/1990) cioè reati con cui l’associazione si procura illecitamente i capitali, che saranno poi al centro della seconda fase della dinamica. Questa, infatti, consta nella commissione del delitto di trasferimento fraudolento di valori per cui quei capitali, che sono prezzo, prodotto e/o profitto del reato, vengono fittiziamente attribuiti a un terzo tramite un negozio simulato, che è funzionale alla terza fase, in cui il titolare fittizio di questi capitali investe in quote societarie o, se titolare di un’impresa, acquista beni aziendali.

 

In questo svolgersi delle cose, l’impresa è assente nella prima fase, dove la provvista deriva dai singoli reati, mentre è centrale nella seconda e nella terza fase poiché rappresenta lo strumento giuridico con cui simulare un negozio giuridico (ad esempio, tramite una cessione di quote societarie), che, quindi, si rivela funzionale sia ad eludere i provvedimenti di prevenzione patrimoniale sia a commettere i delitti di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

 

I sequestri antimafia esaminati, infatti, hanno avuto ad oggetto quote societarie, soprattutto di società a responsabilità limitata e cooperative, rapporti bancari e assicurativi, beni strumentali e – dal merito di essi – si evince come l’impresa venga considerata cosa pertinente al reato (art. 321 c.p.p.) e venga attinta dal vincolo reale in ragione del periculum in mora che rappresenta.

 

Infatti, la maggior parte degli enti attinti dalla cautela erano stati costituti proprio al fine di eludere le misure di prevenzione patrimoniale o di simulare la titolarità di beni per reimmetterli nel circuito economico legale. Di conseguenza, l’esercizio di un’attività economica organizzata (art. 2082 c.c.), anche piccola (art. 2083 c.c.), costituisce lo strumento con cui aggravare o protrarre le conseguenze dei reati commessi nella prima fase della dinamica criminologica come delineata.

 

Non bisogna trascurare un altro dato evidenziato dall’indagine empirica, che riguarda le connivenze emerse proprio dalla commissione del reato di trasferimento fraudolento di valori: grazie alle indagini su tale reato, infatti, sono stati individuati soggetti estranei all’associazione mafiosa, che hanno prestato la propria impresa per la simulazione negoziale e, quindi, sono stati imputati di concorso esterno in associazione mafiosa.

 

Valga, infine, notare che non tutte le imprese attinte dai sequestri antimafia erano imprese nate per uno scopo illecito, ma vi erano anche enti inseriti in un circuito di economia lecita, che tangenzialmente hanno agevolato il consorzio criminale.

 

Ebbene, è proprio con riferimento a questi ultimi enti che la novella dell’ottobre 2023 può spiegare il proprio effetto preventivo, spingendo verso l’aggiornamento del modello di organizzazione e gestione in ragione dell’illecito amministrativo dipendente dal delitto di trasferimento fraudolento di valori.

 

 

4. Verso una nuova stagione del contrasto all’impresa mafiosa

 

L’introduzione dell’art. 512bis c.p. come reato-presupposto è, dunque, da salutare con favore poiché può indurre le imprese ad organizzarsi per prevenire questa ipotesi di reato e poiché dota l’Autorità giudiziaria di uno strumento ulteriore per il contrasto alle attività di stampo mafioso.

 

Sotto il primo profilo, il nuovo illecito amministrativo previsto dall’art. 25octies.1 del Decreto 231 conduce gli enti a dare maggior peso alle procedure di due diligence verso i clienti, implementando i controlli KYC (Know Your Customer), che sono uno degli strumenti di compliance principali per la prevenzione dei reati economici e il riciclaggio di denaro. Ancora, la valutazione del rischio-reato sottesa a questa nuova fattispecie porta l’impresa a considerare con la dovuta attenzione le operazioni che rientrano nella fisiologia della vita dell’impresa, soprattutto se esercitata nella forma giuridica della società di capitali, quali l’ingresso di nuovi soci, i conferimenti, gli aumenti di capitali, le trasformazioni, ma anche di società di persone, visto che l’art. 512bis c.p. fa riferimento anche a una particolare categoria di soggetti, cioè quelli gravati da misure di prevenzione patrimoniale.

 

Sotto il secondo profilo, poi, l’illecito 231 correlato al reato di trasferimento fraudolento di valori può costituire un valido strumento nella disponibilità dell’Autorità giudiziaria per contestare agli enti anche tale fattispecie, sia nei procedimenti antimafia sia in quelli ordinari. Questo illecito, infatti, sebbene derivi dal Codice antimafia, ha uno spettro applicativo ben più ampio, che mira a prevenire quelle condotte prodromiche alla commissione di reati contro il patrimonio (come appunto i reati ivi menzionati, artt. 648, 648bis e 648ter c.p.), ma anche a prevenire che nell’economia lecita entrino capitali di provenienza illecita, o meglio di provenienza da attività mafiose. Pertanto, si potrebbe aprire una stagione nuova anche per il contrasto economico della criminalità organizzata, diretto non più soltanto alle persone fisiche, a cui viene contestato il concorso esterno in associazione mafiosa, ma anche agli enti.

 

Il Decreto 231, del resto, già prevede all’art. 24ter l’assoggettabilità dell’ente alla responsabilità da reato per i delitti di criminalità organizzata e per quelli di riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di beni di provenienza illecita all’art. 25ocities: la novazione del 2023 va a coprire l’ultimo segmento della dinamica criminologica tratteggiata precedentemente ancora scoperto. Questa nuova disposizione può costituire, dunque, un valido strumento per attingere nel circuito 231 quegli enti che di norma svolgono un’attività lecita e sono inseriti nel circuito dell’economia legale – cioè enti diversi dalla c.d. impresa mafiosa – e che solo occasionalmente si sono trovati coinvolti in un’attività di stampo mafioso.

 

La prospettiva applicativa di questo nuovo illecito corporativo appare duplice, a seconda che l’impresa sia o non sia attinta da un procedimento antimafia: infatti, nel primo caso, questa fattispecie sarebbe un ulteriore strumento per il contrasto alla criminalità di stampo mafioso, nel secondo caso, invece, potrebbe condurre gli enti a una riorganizzazione che superi le fallacie organizzative che hanno permesso il trasferimento fraudolento di valori.