Legislazione straniera e sovranazionale

I Klimaschutzverträge: nuovo traguardo della compliance in Germania

5 Giugno 2025

1.Cosa sono i Klimaschutzverträge

Il 24 marzo scorso la Commissione europea ha autorizzato la concessione degli aiuti di Stato alla Germania per dare il via alla seconda gara pubblica diretta alla stipulazione dei Contratti per la Protezione del Clima con le imprese tedesche più competitive, in modo da vincolare l’attività produttiva a specifici obblighi di risultato volti a contenere l’impatto sul clima.

Dal 2023, infatti, la Germania punta su questo strumento innovativo per garantire la competitività a condizioni di neutralità climatica.

Dopo la conclusione della prima gara d’appalto, avvenuta nel luglio 2024 – e durante la quale sono state presentate 17 offerte per un totale di 5,3 miliardi di euro – i primi Contratti per la Protezione del Clima sono stati stipulati nell’ottobre 2024 con 15 aziende industriali tedesche.

Durante lo stesso periodo il Ministero federale per l’Economia e la Protezione del Clima (Bundeswirtschaftsministerium) ha avviato il procedimento preliminare per la seconda gara, ponendo così le basi per la prosecuzione del programma che ora ha ricevuto anche l’approvazione della Commissione europea.

I Klimaschutzverträge, strutturati sulla falsariga dei Carbon Contracts for Difference (CCfDs) (lett.: contratti per differenza di carbonio), sono uno strumento usato nella politica climatica per incentivare le aziende a ridurre le emissioni di CO₂ e ad investire in tecnologie pulite, il cui costo è notoriamente più elevato rispetto ai sistemi tradizionali.

Con questi contratti, affidati attraverso gare pubbliche, lo Stato assegna alle aziende più competitive un sostegno economico per incentivare la conversione dei sistemi produttivi.

Poiché il prezzo della CO₂ nel mercato europeo (EU ETS – Emission Trading System) è spesso troppo basso o instabile, questi contratti garantiscono alle imprese un prezzo fisso per ogni tonnellata di CO₂ risparmiata grazie all’impiego di tecnologie pulite, coprendo così i costi extra della produzione sostenibile.

In pratica, lo Stato si assume il rischio legato all’andamento incerto dei prezzi di mercato offrendo un sussidio economico e una maggior stabilità per le imprese che dimostrano di voler investire seriamente nel clima.

L’affidamento per pubblica gara permette di scegliere i progetti più efficienti, di controllare quante emissioni si vogliono ridurre, e di contenere i costi grazie alla concorrenza.

In generale, i contratti per il clima, come i CCfD, soggiacciono ai continui adattamenti del sistema EU ETS, e più in generale alla politica climatica. Essi si rivelano fondamentali per rendere sostenibile la trasformazione industriale in Europa.

 

2.Quale base normativa hanno?

 I Klimaschutzverträge non sono previsti da una singola legge, ma trovano la loro base giuridica principalmente nei seguenti testi normativi: a cominciare dal sistema nazionale, essi rispondono in primo luogo alla Legge federale sulla protezione del clima (Bundes-Klimaschutzgesetz – KSG), la quale al § 3 KSG definisce gli obiettivi di lungo termine di neutralità climatica per settore e anno.

Essi rispondono inoltre al Programma federale per la protezione del clima 2030 e al Piano di protezione del clima 2050: entrambi documenti strategici di fonte governativa i quali introducono, appunto, i Klimaschutzverträge come strumento attuativo, soprattutto nel settore industriale.

Tali Piani prevedono un robusto incentivo alle tecnologie “climate-friendly” attraverso contratti di compensazione per la rilocalizzazione del carbonio (cd. carbon leakage compensation contracts) diretti a rendere competitivi i processi a basse emissioni.

3.A quali obiettivi concreti rispondono?

Tra gli obiettivi prioritari di questi strumenti vi è quello di supportare lo sviluppo di mercati verdi, contribuendo alla creazione di un’offerta di materie – come acciaio, materiali da costruzione e prodotti chimici – sostenibili sul piano ambientale e climatico. A tal fine i contratti per il clima devono essere integrati da standards e sistemi di certificazione uniformi o da una fornitura pubblica conforme ai parametri di neutralità.

Per questo, le condizioni per addivenire a tali accordi includono: una definizione vincolante della “caratteristica verde”, regole chiare di contabilizzazione per la riduzione delle emissioni di CO₂, la considerazione di questi aspetti tra le clausole contrattuali e la promozione della domanda per nuovi prodotti come “acciaio verde”, “cemento sostenibile” e “ammoniaca rinnovabile”.

Questi obiettivi rispondono, più ampiamente, a quelli europei. L’UE si è infatti impegnata con la Legge sul Clima del luglio 2021 a ridurre le sue emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e a diventare climaticamente neutra entro il 2050. Le misure adeguate per raggiungere questi obiettivi sono state presentate dalla Commissione UE il 14 luglio 2021 nel Fit-for-55-Package.

 

4.Quale procedura seguono?

Per stipulare un Contratto per la Protezione del Clima le imprese devono presentare una descrizione del progetto che intendono realizzare. Segue una gara d’appalto, nella quale le aziende presentano un’offerta indicando quanto costerebbe loro ridurre le emissioni di gas a effetto serra mediante la modernizzazione o la sostituzione degli impianti produttivi. L’azienda che presenta l’offerta migliore in termini di rapporto tra costi e riduzione delle emissioni ottiene il finanziamento: può, cioè, stipulare un Contratto per la Protezione del Clima.

 

L’importo del sussidio si basa sul prezzo indicato nell’offerta e viene quindi determinato individualmente. In termini semplificati, si potrebbe dire che lo Stato “acquista” riduzioni di emissioni dalle aziende sovvenzionate.

 

I Contratti per la Protezione del Clima hanno una durata di 15 anni, durante i quali lo Stato rimborsa alle imprese i costi aggiuntivi per la conversione a sistemi sostenibili. Se, poi, durante il periodo del contratto la produzione a impatto climatico neutro diventa più conveniente rispetto a quella basata su fonti energetiche convenzionali, l’impresa sovvenzionata è tenuta a restituire allo Stato i costi risparmiati.

 

 

5.Quali obblighi derivano dai contratti?

Le imprese che firmano Klimaschutzverträge si impegnano formalmente a raggiungere determinati obiettivi di riduzione delle emissioni.

Tali contratti sono strutturati come strumenti di incentivo al fine di stimolare l’iniziativa dei privati ad implementare sistemi innovativi per la decarbonizzazione nel settore energetico.

Seppure l’inadempimento di tali contratti non comporti sanzioni punitive in senso stretto (tra cui penali), comunque il mancato rispetto delle prestazioni può determinare conseguenze gravose per l’ente, come la perdita di finanziamenti pubblici, richieste di restituzione, oltre che ingenti danni reputazionali.

E’ ormai pacifico infatti che tali contratti appartengono agli obblighi di compliance aziendali, collegandosi ai controlli interni, ai sistemi di audit e agli obblighi di reportistica ESG. I teams di compliance devono, cioè, includere i rischi climatici nei loro modelli di risk management.

I consigli di amministrazione e i dirigenti sono responsabili della corretta implementazione e del monitoraggio delle politiche climatiche: per esempio, attraverso la predisposizione di una posizione specifica di Chief Sustainability Officer o la produzione periodica di reports sulla sostenibilità (ESG reports) che includano dati sulle emissioni e sull’efficacia delle misure di riduzione. In molti settori, del resto, la rendicontazione climatica è obbligatoria (cfr. CSRD – Corporate Sustainability Reporting Directive dell’UE).

I Klimaschutzverträge, in breve, trasformano le politiche ambientali da obiettivi volontari a obblighi vincolanti, a pieno titolo appartenenti alla compliance aziendale, imponendo nuove strategie di controllo, gestione del rischio e trasparenza.

6.Quali effetti possono derivare dal mancato adempimento di un Klimaschutzvertrag?

Come anticipato, non sono previste sanzioni punitive dirette per le violazioni relative a contratti in esame e, a parte, le conseguenze legate alla perdita del finanziamento o alla sua restituzione, il meccanismo di incentivo introdotto da tali accordi fa sì che le imprese siano interessate ad adempiere e ad agire proattivamente per prevenire la perdita di incentivi o l’esclusione dai programmi di sussidio.

Ciò non esclude tuttavia che la disciplina di tali contratti rappresenti il presupposto di fattispecie di rilevanza amministrativa la cui violazione può comportare l’irrogazione di sanzioni di carattere para-punitivo: potrebbe essere questo il caso delle violazioni del Bundes-Immissionsschutzgesetz (BImSchG). Ai sensi del § 62 della stessa legge, tali violazioni potrebbero infatti integrare illeciti amministrativi (cd. Ordnungswidrigkeiten) con sanzioni pecuniarie fino a 50.000 euro (in particolare, nel caso di costruzione di impianti senza la necessaria autorizzazione) e fino a 10 milioni di euro (nelle ipotesi più gravi, implicanti la responsabilità dei dirigenti).

Non è infine da escludere che dalla violazione dei contratti per la protezione del clima possano derivare illeciti penali. I reati ambientali in Germania trovano collocazione nel codice penale tedesco – nella specie, ai §§ 324-330 StGB dedicati alle fattispecie denominate Straftaten gegen die Umwelt – e altresì in altre leggi speciali, come, ad esempio, la Chemikaliengesetz (ChemG) o la Bundesnaturschutzgesetz (BNatSchG).

Molte delle fattispecie ivi richiamate, destinate peraltro ad arricchirsi a seguito della non ancora trasposta Direttiva UE 1203/2024 sui reati ambientali (per la quale si rinvia al link) – sono caratterizzate da rinvii alla normativa amministrativa (lett: verwaltungsrechtliche Pflichten) e dal ricorso allo schema di reato basato sul pericolo astratto.

Ciò comporta che l’eventualità che dalla violazione degli obblighi derivanti da tali contratti possano poi derivare reati ambientali e margini di responsabilità per l’ente e per i dirigenti possa dirsi tutt’altro che remota.

 

7.Conclusioni

Il panorama tedesco in materia di tutela ambientale e, più precisamente, gli sforzi recentemente compiuti per adeguare i sistemi di produzione agli obiettivi di sostenibilità europei riconfermano che la neutralità climatica è ormai centrale anche per la definizione dei programmi di compliance aziendali.

Gli obblighi derivanti da questi contratti rientrano a pieno titolo nel novero dei vincoli che le imprese devono rispettare per onorare gli standards di sostenibilità ed evitare, così, di incorrere in conseguenze sfavorevoli come la perdita dei benefici derivanti dai contratti (cioè, il sostegno economico) e considerevoli danni reputazionali.

Analogamente a quanto già emerso in relazione ad altri sistemi (si pensi a quello statunitense, già a vario titolo esaminato), anche nell’ordinamento tedesco la compliance aziendale viene incoraggiata attraverso strategie incentivanti, dirette a valorizzare la partecipazione attiva degli enti nella predisposizione di misure conformi ai criteri di sostenibilità per la più efficace prevenzione del rischio ambientale.

Ciò vale ancor di più a seguito della direttiva UE sui reati ambientali, la cui trasposizione in Germania dovrà sinergicamente interagire con la disciplina dei Klimaschutzverträge che si è qui esaminata.

Infatti, sebbene le modifiche previste dalla Direttiva sui reati ambientali non siano ancora state trasposte nell’impianto del codice penale tedesco, è ragionevole pensare che molte di queste potranno costituire chiaro riflesso degli obblighi derivanti dai Klimatschutzverträge.

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Claudia Cantisani, Legal Expert su progetto EUAF presso l’Università di Pisa. Dottorato di ricerca in Diritto penale. Avvocato

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