Legislazione straniera e sovranazionale

Il de profundis della lotta alla corruzione internazionale negli Stati Uniti? (parte seconda): le nuove linee-guida limitative del F.C.P.A.

20 Giugno 2025

1.Premessa ricognitiva

In data 9 giugno 2025, lo U.S. Deputy Attorney General Todd Blanche dà seguito a quanto deciso con l’executive order n. 14209 del Presidente Donald Trump, emanato in data 10 febbraio 2025 e intitolato “Pausing Foreign Corrupt Practices Act Enforcement To Further American Economic and National Security”.

Viene, infatti, emanato un memorandum, indirizzato al capo della Criminal Division Matthew Galeotti, recante le “Guidelines for Investigations and Enforcement of the Foreign Corrupt Practices Act”, ossia le linee-guida che dovranno, sin d’ora, indirizzare l’azione dei procuratori federali nelle indagini per corruzione internazionale.

L’approvazione di tali guidelines è la conseguenza dell’ordine esecutivo citato, che, come ricordato in un precedente contributo, aveva come scopo proprio quello di delimitare i canoni operativi del FC.P.A., dal 1977 testo legislativo di riferimento, a livello mondiale, nel contrasto alla corruzione internazionale.

In particolare, la preoccupazione principale che ha mosso una simile decisione di politica-criminale – senza alcun intervento da parte del potere legislativo – era che la legge fosse utilizzata dalle procure federali al di là del dato testuale, espandendone e stressandone (in termini restrittivi) il contenuto, con effetti pregiudizievoli sulla competitività delle società americane. Dal danno alla competitività statunitense, ne derivava, in definitiva, anche un danno alla sicurezza nazionale, in ragione della posizione di primazia assoluta che gli Stati Uniti ancora ricoprono a livello economico-commerciale, nel panorama internazionale.

Per raggiungere questo obiettivo, il Presidente Trump a febbraio, meno di un mese dopo essersi insediato alla Casa Bianca, ha sospeso l’operatività dell’F.C.P.A., dando al Dipartimento di Giustizia (U.S. Department of Justice) 180 giorni per (i) interrompere ogni nuova iniziativa giudiziaria sotto l’ordito normativo del F.C.P.A. (tolte singole eccezioni decise, di volta in volta, dall’Attorney General), (ii) rivedere l’opportunità delle indagini in corso in materia, ed (iii) elaborare nuove linee-guida che circoscrivessero l’operatività della legge. È dunque in relazione a quest’ultimo punto che è stato emanato il memo oggetto di commento.

 

2.Il contenuto del memorandum del 9 giugno 2025

Il documento si apre enunciando le due linee principali su cui le quattro direttive sono basate:

«This memorandum establishes guidelines to ensure that FCPA investigations and prosecutions are carried out in accordance with President Trump’s directive by (1) limiting undue burdens on American companies that operate abroad and (2) targeting enforcement actions against conduct that directly undermines U.S. national interests».

Per un verso, quindi, si vuole ridurre il più possibile gli oneri a carico delle società americane che lavorano all’estero; per altro verso, si intende indirizzare le azioni di contrasto dell’autorità giudiziaria e di enforcement verso le sole condotte corruttive che nuocciano agli interessi americani: azioni di contrasto la cui iniziazione – al pari delle vere e proprie indagini – dovrà esse valutata e decisa, di volta in volta, dall’Assistant Attorney General della Criminal Division.

Le linee-guida seguono quattro diverse direttrici: l’eliminazione totale dei cartelli e delle organizzazioni criminali transnazionali; la tutela della parità di condizioni per le imprese statunitensi; la promozione della sicurezza nazionale degli Stati Uniti; la priorità alle indagini su condotte gravi:

  1. per quanto riguarda la prima direttrice, questa individua il nuovo ambito applicativo “per eccellenza” dell’F.C.P.A., il contrasto di cartelli e organizzazioni criminali transnazionali. Si tratta di un aspetto già evidenziato nel memorandum del 5 febbraio 2025, firmato dall’Attorney General Pam Bondi. Quella era stata la sede in cui, sin da subito, l’amministrazione Trump si era schierata nel senso di una prima limitazione delle misure di contrasto alla corruzione internazionale. In questi termini, il memorandum attuale ribadisce che iniziative giudiziarie o di enforcement, dovranno tenere in considerazione se l’azione criminosa, sanzionata dall’F.C.P.A., è collegata ad eventuali operazioni criminali di cartelli o associazioni criminali sovranazionali; se vengono utilizzate somme di danaro riciclate o società fittizie riconducibili a cartelli o ad associazioni criminali sovranazionali; se la condotta di corruttela è legata a società parastatali di governi esteri o a pubblici ufficiali che hanno ricevuto tangenti da parte di cartelli e associazioni criminali sovranazionali;
  2. in merito alla parità di condizioni competitive di cui dovrebbero beneficiare le società statunitensi, il memorandum torna sul fatto che, in linea generale, le aziende che corrompono pubblici ufficiali esteri mettono in grave pericolo i competitors americani, i quali si troverebbero a subire un trattamento di sfavore – ossia ad essere sanzionati dal F.C.P.A. – solo in quanto law abiding competitors, mentre le compagini societarie di altri paesi guadagnerebbero profittevolmente della corruzione di pubblici ufficiali esteri: questa discrasia produrrebbe un effetto distorsivo ed esiziale per il mercato statunitense. Se, da un lato, la (nuova) attuazione del F.C.P.A. da parte del D.O.J. deve ‘vendicare’ («will seek to vindicate») gli interessi economici americani e, quindi, salvaguardare il più possibile i principi di competitività sul mercato estero, dall’altro, il memorandum invita le procure federali a fare uso del c.d. Foreign Extortion Prevention Act (c.d. ‘F.E.P.A.’), 18 U.S.C. § 1352. Tale legge, introdotta dall’Amministrazione Biden, ha previsto la punibilità del pubblico ufficiale estero-corrotto, la cui condotta (di accettazione dell’utilità, a fronte di un indebito vantaggio) sarebbe rimasta impunita sotto la vigenza del F.C.P.A. Ebbene, nell’ottica di indirizzare il potere giudiziario, il memorandum invita ad una valutazione complessiva degli interessi economici in gioco per le società estere e, al contempo, sollecita ad avvalersi delle disposizioni del F.E.P.A., introdotto dal predecessore, per punire i corrotti stranieri;
  3. per ciò che concerne la promozione della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, il memorandum si limita a rilevare che esistono alcuni settori strategici nei quali atti di corruzione nei confronti di pubblici ufficiali esteri possono arrecare un grave pregiudizio alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, soprattutto nel settore dei minerali rari, dei porti in alto mare o di altre infrastrutture o asset strategici. In questo senso, l’applicazione delle previsioni di cui al F.C.P.A. dovrà essere limitata a fronteggiare le minacce più gravi alla sicurezza nazionale americana che derivino dalla corruzione di funzionari pubblici esteri;
  4. da ultimo, il documento sollecita a concentrarsi sulle violazioni più gravi e manifeste del F.C.P.A., dovendo ritenersi – da quello che si intende – del tutto atipiche, rispetto alla fattispecie di corruzione internazionale, le condotte di corruttela legate a prassi commerciali abituali, o che interessano una contenuta quantità di danaro, purché generalmente accettate dal contesto economico-sociale locale. In particolare, si legge nel memorandum, è caldeggiato il contrasto di contegni corruttivi il cui coefficiente psicologico sia particolarmente marcato, come nei casi in cui siano coinvolte somme ingenti di denaro nell’ambito della transazione corruttiva, o nei casi in cui vengano spesi sforzi sofisticati per celare tali transazioni, o nei casi in cui si ravvisi la condotta fraudolenta di reiterare lo schema tangentizio ed eludere le investigazioni. Da ultimo, e non di poco rilievo, occorre rilevare che, nella summa di determinazioni che le autorità giurisdizionali o di enforcement sono chiamate a svolgere, vi è altresì quella per cui i procuratori federali dovranno considerare se la violazione dell’F.C.P.A. che si intende perseguire sarebbe ragionevolmente perseguita anche nel correlativo paese estero, dove tale condotta si è realizzata.

 

 

3.Considerazioni conclusive

Con il memo si assiste, in maniera evidente, ad una sostanziale compressione della funzionalità operativa della legge anticorruzione internazionale statunitense.

Le linee-guida, così come emanate dall’ufficio del Deputy Attorney General, se, per un verso, hanno un contenuto giuridico (in special modo, il contrasto ai cartelli e alle associazioni criminali internazionali, e la priorità a contrastare le condotte gravi di corruzione internazionale), per altro verso vengono a richiedere, in capo agli uffici dell’accusa, valutazioni di carattere più marcatamente economico, a loro volta strettamente connesse ad esigenze di  salvaguardia della sicurezza nazionale statunitense.

Così, dal primo punto di vista, viene data una direttiva precisa in merito alle valutazioni di rilievo giuridico che ogni autorità giudiziaria sarà chiamata a compiere prima di iniziare un procedimento ai sensi del F.C.P.A.: privilegiare contegni corruttivi internazionali legati a cartelli o se involgono un quantitativo di danaro particolarmente esteso. Rimane aperta la questione del quantum, ossia di quale soglia si debba tenere in considerazione rispetto all’identificazione della somma al di là della quale la condotta corruttiva sarà ritenuta perseguibile.

Dall’altro lato, le valutazioni che debbono essere svolte involgono considerazioni di carattere più politico tout court. In altre parole, i public prosecutors – che, come noto, in America altro non sono che avvocati della pubblica accusa – devono, prima di iniziare un procedimento di cui al F.C.P.A., prendere in considerazione se l’azione penale non rechi pregiudizio agli interessi economici delle società americane che operano all’estero e se l’eventuale patto corruttivo coinvolga interessi strategici, di rilevanza nazionale.

Fermo restando che tali ultime due direttive hanno, come detto, un carattere politico più marcato e, quindi, non agevolmente leggibile dai procuratori federali, è ancor più problematico il fatto che, prima di iniziare le indagini o qualsiasi azione di enforcement, è molto difficile capire il contesto criminale o terroristico di un contegno corruttivo, o gli eventuali svantaggi competitivi che potrebbero derivare dalle misure del F.C.P.A., o, ancora, gli interessi strategici di una società che lavori oltreconfine o, infine, selezionare le sole condotte gravi e manifeste di corruzione da contrastare. Per ‘sciogliere’ e, quindi, seguire tutte queste direttive, sarebbe opportuno quantomeno una verifica approfondita di tutti i fattori: verifica non avviabile senza l’iniziazione di un procedimento penale.

Da ultimo, la necessaria valutazione di ‘reciprocità’ che la pubblica accusa, sempre prima di iniziare un procedimento giudiziario o un’azione di enforcement, deve porre in essere (ossia, se nel paese-target l’autorità giudiziaria ragionevolmente perseguirebbe l’azione penale per i medesimi fatti) rischia di svuotare del tutto il contenuto del F.C.P.A. È, infatti, difficile immaginare che in paesi diversi da quelli europei, a tasso di democraticità e di trasparenza tendenzialmente più basso, le procure godano della stessa autonomia ed indipendenza per iniziare l’azione penale contro i propri pubblici ufficiali, corrotti da società americane.

Così, con il fine di nascondere una vera e propria interruzione di operatività del F.C.P.A. l’amministrazione Trump chiede alla A.G. di perseguire condotte di corruttela all’estero solo in situazioni gravissime (come nel caso delle mass violations o nel caso del contrasto ai cartelli e alle associazioni criminali transazionali). Vale a dire, nella retorica politico-criminale sottostante: il delitto di corruzione internazionale andrà a colpire solo chi, per davvero, se lo merita e non già chi corrisponde qualche di dollari in ragione di prassi commerciali abituali e perfettamente normali in determinati stati esteri.

Sul lato corporate, si evidenziano le seguenti criticità. Durante la vigenza di queste guidelines, è verosimile che, di fatto, i controlli delle autorità statunitensi – e, soprattutto, la relativa comminazione di provvedimenti coercitivi o restrittivi – diminuiranno sensibilmente in caso di contegni corruttivi in paesi esteri da parte di società americane. Di qui, tutto è rimesso all’autonomia delle diverse aziende che hanno la responsabilità di prevedere politiche di compliance che autonomamente presidino eventuali condotte di corruzione: al di là di ciò, pare che non verranno disturbate negli Stati Uniti, almeno durante la vigenza della corrente amministrazione.

Sul punto occorre svolgere due ultime considerazioni.

Infatti, per un verso, le condotte criminose di cui all’F.C.P.A. hanno uno statute of limitations di cinque anni (dalla commissione del fatto) per le violazioni sostanziali anticorruzione, ai sensi della sec. § 3282, Title 18 U.S.C., mentre è pari a sei anni per le violazioni contabili o frodi del F.C.P.A., ai sensi della sec. § 3301 – più complessi, invece, i casi di conspiracy finalizzata a condotte di cui al F.C.P.A., ai sensi della sec. § 371, Title 18 U.S.C.: in questo caso, ai fini dell’avvio di un procedimento penale, sarà sufficiente che solo l’ultima porzione di condotta sia stata realizzata nei precedenti cinque anni, in maniera non dissimile dalla consumazione nei casi di reato permanente in Italia.

Necessariamente, da ciò ne deriva che i medesimi fatti che per l’amministrazione attuale non costituiscono reato, ben potranno essere perseguiti successivamente, con una eventuale nuova amministrazione. In altre parole, nel caso in cui venisse realizzato un fatto di corruzione internazionale, da parte di un manager di una società americana, il 1° gennaio 2027 (durante, quindi, l’amministrazione Trump), lo statute of limitations impedirebbe (eccetto i più complessi casi di conspiracy) l’avvio di un procedimento penale solo dal 2 gennaio 2032, quando, nel frattempo, il Presidente americano sarà cambiato già nel 2029.

Per altro verso, di contro, il carattere extraterritoriale delle legislazioni in materia di corruzione internazionale di Paesi come il Regno Unito o la Francia continua ad imporre anche alle società americane di tenere alta l’attenzione sui presidi di compliance aziendale.

Infatti, come anche diffuso dalle agenzie di stampa internazionale, attualmente il Regno Unito sta vagliando lo ‘UK Crime and Policing Bill 2025’, il quale estenderebbe la punibilità delle società straniere mediante la c.d. ‘Senior Manager doctrine’, secondo la quale possono essere ritenute responsabili le aziende britanniche nei casi in cui i reati vengono commessi dai dirigenti apicali della struttura societaria, anche all’estero. Previsioni simili, anche se più mitigate nel senso della extraterritorialità, sono contenute all’interno della legge francese, già in vigore, ‘Sapin II’.

Dopodiché, in questo quadro, occorre valutare, altresì, il ruolo propulsivo che avrà la International Anti-Corruption Prosecutorial Task Force, di cui ad oggi fanno parte Regno Unito (“Serious Fraud Office”), Francia (“France’s Parquet National Financier”) e Svizzera (“Office of the Attorney General of Switzerland”), incaricata di rafforzare e migliorare la cooperazione tra Stati europei nel contrasto alla corruzione internazionale.

Mattia Cutolo, Dottorato di ricerca in Diritto penale, LL.M., Avvocato

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